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  • Influenza A, muore un infermiere caposala all’Odontoiatria del Secondo Policlinico

    Quest’anno non c’è alcun allarme pandemia, nessuna corsa al vaccino. Ma la paura per l’H1n1 sembra crescere proporzionalmente ai nuovi casi di contagio, e purtroppo ai decessi. Un timore che trova terreno fertile nella mente dei «cittadini comuni» , ma che sembra non lasciare indenni neanche gli «addetti ai lavori» . Soprattutto quando ad ammalarsi è un membro del personale sanitario. È successo in passato, succede oggi al Policlinico di via Pansini, nell’edificio 14 (Odontoiatria) dove lavorava il caporeparto Francesco Fusco, deceduto domenica a seguito delle complicazioni dovute proprio all’influenza aviaria. Una storia che colpisce soprattutto per la violenza con la quale il virus si è manifestato, nonostante non risulti che l’uomo soffrisse di gravi patologie pregresse, come solitamente accade nei che arrivano alla morte del paziente. Chi lo conosceva lo descrive infatti «un toro» , un «pezzo d’uomo» . Eppure non c’è stato nulla da fare. I primi sintomi influenzali e la decisione di restare un po’ a casa. Poi, dopo giorni di febbre insistente, la decisione del ricovero al Cardarelli.
    Di lì al Policlinico, e il ricovero nel reparto di Medicina Interna. Solo poche ore dopo, però, un grave peggioramento del quadro clinico e l’allerta per il reparto di rianimazione della Cardio-chirurgia. Viste le gravi condizioni, la mattina seguente arriva il trasferimento al Monaldi, nel reparto che lo scorso anno era stato Centro di riferimento per l’H1n1. solo 48 ore dopo un nuovo peggioramento. Intanto c’è la conferma del contagio, che arriva dal Policlinico, dove la vicenda era iniziata e dove il caporeparto era stato sottoposto al test per l’H1n1. Trattandosi di influenza aviari arriva naturalmente anche la terapia specifica, e un conseguente miglioramento. Poi l’escalation dell’influenza. Venerdì un nuovo peggioramento, e sabato la constatazione che la situazione è disperata. Domenica mattina alle 7 circa il decesso. Resta il dolore e l’incredulità dei colleghi, ma anche il timore che virus possa «serpeggiare» ancora nell’edificio. Questa l apaura, più o meno velato, soprattutto tra il personale infermieristico e gli specializzandi che ogni giorno frequentano la struttura. Intanto, al di fuori dell’edificio 14 restano stazionarie le condizioni dell’unico paziente ricoverato nel reparto di Anestesia e Rianimazione del Polo universitario. E confortano le condizioni del bimbo di 10 mesi che nei giorni scorsi era risultato positivo al test. 

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