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Cassazione, la Regione paghi 108 mila poveri: una mazzata da 250 milioni
Si chiama Reddito di cittadinanza. Ma in realtà è stata un’elemosina erogata per tre anni, a partire dal 2004, ad una fetta relativamente esigua di indigenti campani, circa 18 mila. Ora, però, non solo si scopre che ad averne diritto erano molti di più. Ma una sentenza della Cassazione ha riconosciuto alle migliaia di nuclei familiari che ne sono rimasti arbitrariamente esclusi di essere reintegrati negli elenchi per beneficiare anch’essi dei contributi. L’attuale giunta campana di Stefano Caldoro è costretta, in queste ore, a trovare un riparo per evitare un ulteriore disastro finanziario, calcolato in 250 milioni di euro da erogare ai 108 mila aventi diritto che sono stati esclusi dalla misura. Calcolo, peraltro, relativo ai soli primi due anni di erogazione.La Corte di Cassazione, con propria sentenza, ha definitivamente chiarito che «una volta accertato il non superamento del limite di reddito (i beneficiari dovevano dimostrare di essere residenti campani da almeno 60 mesi e con un reddito annuo stimato inferiore ai 5 mila euro, ndr) la prestazione economica spetta a tutti gli aventi diritti, fra i quali devono essere suddivise le risorse disponibili. Non trova giustificazione, invece, la destinazione delle risorse mediante attribuzione dell’intero importo — nel tetto massimo di 350 euro mensili— ad alcuni soltanto degli aventi diritto, secondo minor reddito, con esclusione degli altri, secondo la distinzione fra ‘‘ domande ammesse e finanziate’’ e ‘‘ domande ammesse non finanziate’’» . A palazzo Santa Lucia è stato istituito un tavolo tecnico per elaborare una strategia difensiva contro gli effetti di quest’ultima pesantissima tegola che rischia di mandare gambe all’aria, per gli anni a venire, le casse regionali. L’assessore alle politiche sociali, Ermanno Russo, dedicherà parte della sua relazione sul welfare al capitolo Reddito di cittadinanza nell’ambito della discussione che sarà aperta martedì prossimo in consiglio. «Prevedere un’indennità senza mettere in campo azioni aggiuntive che favorissero la fuoriuscita dalla povertà— afferma Russo— ha significato rendere cronica tale povertà. Il quadro delle distorsioni si completa se pensiamo agli abusi che su questa misura sono stati messi in campo e su cui la Guardia di Finanza sta ancora indagando» .Ma ora la Corte di Cassazione, con la sentenza del agosto 2010, «obbliga la Regione Campania — aggiunge l’assessore — ad erogare il Reddito di cittadinanza, oltre che ai 18 mila che l’hanno già percepito, all’intera platea dei 102 mila nuclei familiari. Si comprende bene il vulnus finanziario che si sta generando e che, da un calcolo riguardante i soli primi due anni di erogazione della misura, assume i contorni di una cifra stratosferica: 250 milioni di euro. Una misura quindi che continua ad irrompere con una pesante ipoteca anche sui prossimi esercizi finanziari della nostra Regione» . Per ora non vi è via d’uscita. Le opzioni al vaglio del tavolo tecnico sono poche. Quella del recupero dei 77 milioni di euro già erogati ai nuclei familiari indigenti per rimodulare la cifra mensile e redistribuirla a tutti gli aventi diritto appare più una ipotesi di scuola che un orientamento praticabile. Così come quella che suggerirebbe di bloccare i contributi non ancora erogati in alcuni ambiti territoriali. Ma cos’altro resta da fare? Un precedente, non incoraggiante, esiste già: e fa riferimento a quanto scaturì dalla legge regionale 11 del 15 marzo 1984 che disponeva contributi economici alle famiglie «che provvedono direttamente all’assistenza di soggetti non autosufficienti portatori di handicaps psico-fisici» . Anche allora furono stanziate poche decine di milioni di lire per una platea sterminata di aventi diritto. Purtroppo, a fronte dell’esiguo numero di famiglie che beneficiarono del contributo, altre ne rimasero prive. E oggi, calcolando rivalutazioni e tassi di interesse, la Regione è costretta a rimborsare per qualche milione di euro tutti coloro che, all’epoca, furono esclusi dai benefici. Il Reddito di cittadinanza è stato considerato dalla passata amministrazione regionale di centrosinistra una legge modello; ma in realtà si è trasformato in un boomerang e, oggi, per la giunta Caldoro, addirittura in un colpo allo stomaco, data la situazione finanziaria già seriamente compromessa con la quale si dibatte l’esecutivo di centrodestra. Una ricerca della Federico II ha rivelato che i 231 milioni complessivi stanziati in tre anni a sostegno dei nuclei familiari indigenti della Campania non sono serviti né a produrre reinserimento sociale né a rompere quel «circolo vizioso tra assistenzialismo degli enti erogatori e dipendenza dei beneficiari» .Il ricercatore della Federico II, Luca De Luca Picione, nel suo studio ha rilevato come dei «122 mila nuclei familiari la cui richiesta è stata giudicata ammissibile, è stato selezionato soltanto il 15 per cento. Le province più rappresentate sono state quella di Napoli, con il 58 per cento del totale regionale; di Salerno e Caserta, rispettivamente con il 16 il 15 per cento degli ammessi; seguite da quelle di Avellino con il 6%e di Benevento con appena il 4%. Siccome la maggior parte dei 18 mila ammessi alla misura ha dichiarato reddito zero, significa che l’indigente napoletano è stato considerato più indigente e, quindi, con più diritti rispetto al bisognoso sannita o sorrentino. Ovvero, a molti è stata riconosciuta la patente di povero, ma solo ad alcuni è stato assegnato il beneficio del contributo economico» .
Fonte: Corriere Mezzogiorno
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