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  • Caldoro: «Bagnoli? Un fallimento. A Napoli vent’anni di blocco totale»

    http://images.corrieredelmezzogiorno.corriereobjects.it/campania/media/foto/2011/02/21/caldoro--190x130.jpg?v=201102211345Stefano Caldoro ha un foglio tra le mani comincia a leggere: «Il degrado napoletano appare irreversibile.... Ieri il ministro Gianni De Michelis e il sottosegretario Giuseppe Galasso hanno presentato Neapolis, un progetto-sistema che punta a valorizzare in maniera integrale le risorse ambientali e artistiche dell’area vesuviana». 
    Poi smette di leggere: «È un articolo del 1987. Sono passati 24 anni e discutiamo delle stesse emergenze». La conclusione di questa lunga premessa è solo una: «A Napoli ci sono stati 20 anni di blocco totale. I grandi progetti per l’area metropolitana di Napoli sono di 30 anni fa. Ad esempio quello del metrò è nato in un’altra epoca, grazie al Partito socialista. Poi c’è stata la scelta di fare la tangenziale, poi il Centro direzionale e ci siamo fermati». 



    Esempio ne sia Bagnoli e la Stu, la società di trasformazione urbana che avrebbe dovuto cambiare il volto dell’area occidentale, «un fallimento». «E il fallimento — argomenta il governatore — è dovuto al fatto che non si è governato con respiro metropolitano, ma anche perché non si sono creati strumenti efficaci. È il mio pallino, la governance. Come lo sono i commissari ad acta con tempi, responsabilità e risorse certe. Dobbiamo farlo perché altrimenti faremo un altro convegno tra 24 anni sullo stesso argomento». Caldoro, con un discorso chiaro, tenta un’operazione politica ardita in vista delle amministrative. Lo fa spostando la lancetta dell’innovazione e del riformismo a prima del ’90. Ribalta cioè ciò che il centrosinistra bassoliniano dice da tempo: il rinascimento della città nasce con la stagione del ’93. Prima, tranne la parentesi di Maurizio Valenzi, è degrado, corruzione, malaffare, hanno raccontato. Quella del governatore potrebbe apparire come un tentativo di revisionismo storico o, peggio, pura nostalgia socialista. Certo il rischio è alle porte. Ma Caldoro riesce a tenere la barra del ragionamento in avanti. Quella è solo una premessa per spiegare l’oggi e la sua idea di città, che è distante anni luce da quella disegnata nel ventennio bassoliano, ma è anche non proprio simile a quella ipotizzata dall’alleato Udc. Che è il padrone di casa. L’occasione, infatti, è un dibattito promosso dal partito di Casini e coordinato dall’assessore regionale, Pasquale Sommese dal titolo «La grande Napoli: opportunità e ostacoli».
    Difatti è un cordiale rintuzzarsi quello tra Caldoro e Ciriaco De Mita. Per esempio l’ex presidente del Consiglio dice: «Non mi farei condizionare troppo dal discorso delle risorse, perché delle due l’una, si devono recuperare. Altrimenti diventa un limite per la programmazione che è il compito della Regione. Dobbiamo prepararci come se le risorse ci fossero. Nell’ultimo periodo le politiche praticate sono quelle a tutela dell’esistente non per il futuro e questo a Napoli ha creato i veri problemi, che si discutono per risolverli non per dire che ci sono». Caldoro: «Quando riflettiamo su certe questioni, lo facciamo guardando ai dati. confrontando gli indicatori economici campani con quelli dei paesi del Maghreb o con la Grecia, come ha detto il mio maestro Gianni De Michelis, sappiamo che il mare non ci evita il contagio. Ma non è pessimismo, è realismo. Se conosciamo le condizioni di partenza possiamo programmare il futuro». Altro esempio. «Il tesoro di Napoli — dice ancora De Mita — è l’Università. Sono le intelligenze che vivono in solitudine. Pomicino ha lanciato l’idea di un comitato permanente. Io dico, semplicemente, che dobbiamo fare emergere le loro proposte, la politica poi le dovrà elaborare. Questo serve a Napoli per tornare a essere capitale».
    Caldoro, che ha appena terminato di leggere l’articolo del 1987 in cui si parla proprio di proposte e progetti presentati dall’accademia napoletana e dagli imprenditori, dice: «Se stiamo qui discutere di cose che già si affrontavano nel 1987 vuol dire che la classe dirigente, tutta, non solo quella politica, ha fallito. La Spagna pressocché negli stessi anni, ovvero dalla morte di Franco, ha fatto passi in avanti. Noi parliamo ancora di Bagnoli». Ma qual è l’idea del governatore per l’area occidentale? «Negli anni ’ 90, lo ha ricordato Paolo Cirino Pomicino, si pensò di affidare a Fintecna (società liquidatrice dell’ex acciaieria, ndr) il progetto di bonifica dell’area e si voleva— spiega— bandire una gara internazionale per realizzare il rilancio. Purtroppo questo processo fu interrotto da Bassolino e, lo dico con rispetto, dalla logica comunista che volle la Stu. Con questo sistema abbiamo perso 20 anni e abbiamo pagato tre volte tanto. Serve uno strumento di governance più diretto. Si tratti di Fintecna o un’altra società non è quello il tema. Il tema sono gli strumenti».
    Sommese aggiunge anche un altro elemento: «Oggi le società partecipate devono stare sul mercato e reggere. E questo vale per la Bagnolifutura, ma anche per tutte le altre» . Ma siccome la strada del riformismo è tortuosa, non è leggermente contraddittorio che, mentre Caldoro parla di nuovi modelli, alla Bit milanese la Bagnolifutura sia ospite proprio della Regione Campania? 


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