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Non è peculato, se la telefonata privata del dipendente è di breve durata
Fonte: Altalex
Non integra il reato di peculato ex art. 314 c.p., la condotta del dipendente che utilizza la linea telefonica per fini privati, qualora il danno economico arrecato alla pubblica amministrazione sia di modesta entità. E’ quanto stabilito nella sentenza 10 gennaio 2011, n. 256 dalla Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sull’argomento.
In particolare, i Giudici di Piazza Cavour hanno ribaltato la pronuncia della Corte d’Appello di Catania, che in precedenza, aveva riconosciuto l’imputato colpevole del reato di peculato continuato. Il caso riguardava un sottoufficiale dell’Arma dei Carabinieri a cui era stato contestato l’utilizzo delle utenze telefoniche intestate all’Amministrazione per telefonate d’interesse personale.
Non ha condiviso tale decisione la Suprema Corte, che nella sentenza oggetto del presente esame, ha enunciato letteralmente :“il fatto lesivo si sostanzia propriamente nella "appropriazione", che attraverso tale uso si consegue, delle energie, formate da impulsi elettronici, entrate a far parte della sfera di disponibilità della pubblica amministrazione, occorrenti per le conversazioni telefoniche (Cass, Sez. VI, n. 26595 del 6 febbraio 2009).Occorre sottolineare che il delitto di peculato ha carattere plurioffensivo, ovvero è volto alla tutela dell'interesse e del patrimonio della pubblica amministrazione, e si può estrinsecare mediante l’appropriazione o mediante la distrazione di un bene economico rientrane nella sfera pubblica.Tuttavia, affinchè sussista l’elemento materiale di tale delitto, è necessario che i beni sottratti all’amministrazione posseggano un significativo rilievo economico. Altrimenti, qualora tali cose oggetto di appropriazione da parte del dipendente, siano di scarso valore, non saranno idonee a costituire elemento materiale del peculato.In effetti, nella fattispecie esaminata, i Giudici di Legittimità hanno osservato che i beni costituenti l’elemento oggettivo del peculato sono di entità così modesta da non provocare un vero e proprio danno al patrimonio della pubblica amministrazione, per cui il reato suddetto non sussiste.La conclusione a cui perviene la Suprema Corte è che “l'elemento materiale è integrato allorchè la condotta di abusiva appropriazione abbia avuto a oggetto cose di valore economico intrinseco apprezzabile e tali da arrecare un reale e altrettanto apprezzabile danno patrimoniale per la pubblica amministrazione (Cass., Sez. VI, n. 25273 del 9 maggio 2006)”.Pertanto, con la sentenza n. 256/2011 la Suprema Corte si è uniformata ai più recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di peculato (Corte di Cassazione, sentenza 25 novembre 2010, n. 41709) escludendo il configurasi di tale fattispecie criminosa a causa dell’inidoneità dei beni, di cui il dipendente si è impadronito, a rilevare come elemento materiale dell’appropriazione.(Altalex, 31 gennaio 2011. Nota di Maria Elena Bagnato)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONESEZIONE VI PENALESentenza 20 dicembre 2010 - 10 gennaio 2011, n. 256
Svolgimento del processo1. Con sentenza del 10 maggio 2010, la Corte di appello di Catania, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale della stessa città che aveva ritenuto D.M.S. colpevole del reato di peculato continuato, riduceva la pena inflittagli ad anni uno e mesi quattro di reclusione, confermando nel resto.In motivazione, la Corte di appello aveva disatteso la tesi sostenuta dall'imputato, sottufficiale appartenete all'arma dei carabinieri, secondo cui la condotta contestatagli, consistita nell'uso delle utenze telefoniche d'ufficio per effettuare numerose telefonate private, potesse integrare il reato di abuso d'ufficio o di peculato d'uso.2. Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione il difensore fiduciario dell'imputato, deducendo l'erronea applicazione della legge penale e mancanza di motivazione sulla configurabilità del reato di peculato.Motivi della decisione1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito esposti.E' principio oramai consolidato che - allorchè il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, disponendo, per ragione dell'ufficio o del servizio, dell'utenza telefonica intestata all'Amministrazione, la utilizzi per effettuare chiamate di interesse personale - il fatto lesivo si sostanzia propriamente nella "appropriazione", che attraverso tale uso si consegue, delle energie, formate da impulsi elettronici, entrate a far parte della sfera di disponibilità della pubblica amministrazione, occorrenti per le conversazioni telefoniche (da ultimo, Sez. 6, n. 26595 del 06/02/2009, dep. 26/06/2009, Torre, Rv. 244458).Pertanto, correttamente le condotte contestate all'imputato sono state considerate ai fini della configurabilità del delitto di peculato per "appropriazione" di cui all'art. 314 c.p., comma 1.Peraltro, il valore economico della "cosa" sottratta, se non ha rilievo per la configurabilità delle fattispecie meno gravi di abuso d'ufficio o di peculato d'uso, acquista decisiva importanza ai fini della sussistenza dell'elemento materiale del reato di peculato.Invero, la fattispecie del peculato de qua integra un reato plurioffensivo, in quanto configura, da un lato, un delitto di abuso della situazione giuridica di cui il soggetto è titolare e, dall'altro, un delitto contro il patrimonio pubblico e così volto a tutelarne la sua integrità economica e la sua destinazione pubblicistica. Nel rapporto tra i due interessi tutelati quello cui dare prevalenza, anche in considerazione degli elementi costituitivi della fattispecie de qua, non può che essere il pubblico patrimonio, in quanto il peculato si realizza con l'appropriazione a proprio profitto e per finalità diverse da quelle d'ufficio di un bene economico rientrante nella sfera pubblica. Pertanto, l'oggetto giuridico del delitto di peculato si identifica con la tutela del patrimonio della pubblica amministrazione da quanti sottraggano o pongano a profitto proprio o di altri denaro o cose mobili, rientranti nella sfera pubblica, di cui sono in possesso per ragione del loro ufficio o servizio.La norma penale presuppone, quindi, che le cose oggetto di peculato abbiano un valore economico, per cui il reato non sussiste nel caso in cui, non soltanto esse ne siano prive, ma anche là dove abbiano valore di tale modesta entità da non arrecare alcuna lesione all'integrità patrimoniale della pubblica amministrazione.Quanto si è posto in risalto comporta che, per il delitto di cui all'art. 314 c.p., comma 1, l'elemento materiale è integrato allorchè la condotta di abusiva appropriazione abbia avuto a oggetto cose di valore economico intrinseco apprezzabile e tali da arrecare un reale e altrettanto apprezzabile danno patrimoniale per la pubblica amministrazione (Sez. 6, n. 25273 del 09/05/2006, dep. 20/07/2006, Montana, Rv. 234838), Valore economico su cui, nel caso in esame, ha posto l'accento - senza peraltro determinarlo - il giudice di primo grado, per affermarne soltanto la "modesta entità", mentre è stato del tutto trascurato dalla Corte d'appello che ha ritenuto di considerare soltanto il numero di telefonate.2. Per tali considerazioni, la sentenza impugnata deve essere annullata e rinviata al giudice d'appello per nuovo esame sul punto.P.Q.M.Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Corte d'appello di Catania per nuovo giudizio.
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