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  • Solo le “modeste costruzioni civili” rientrano nei compiti del geometra

    Fonte: Altalex
    I geometri possono progettare solo opere che non comportino costi elevati né particolari difficoltà tecniche. Lo ha stabilito il Tar Abruzzo, con la sentenza 16 novembre 2010, n. 1213 con la quale si precisa come il progetto di intervento edilizio, che preveda l’utilizzo di cemento armato e che richieda particolari operazioni di calcolo, potendo implicare pericolo per l’incolumità delle persone, rientra tra le competenze degli architetti e degli ingegneri abilitati e non dei geometri.

    L’art. 16 del R. D. 11 febbraio 1929, n. 274 (Regolamento per la professione di geometra), precisa quelli che sono l’oggetto ed i limiti dell’esercizio professionale dei geometri. Tale norma dispone, alla lettera l), che tali professionisti possono svolgere attività di progettazione di costruzioni rurali (si parla di “progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d’industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone; nonché di piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade vicinali senza rilevanti opere d'arte, lavori d'irrigazione e di bonifica, provvista d'acqua per le stesse aziende e riparto della spesa per opere consorziali relative, esclusa, comunque, la redazione di progetti generali di bonifica idraulica ed agraria e relativa direzione”) ed alla lettera m), che tali professionisti possono, inoltre, svolgere l’attività di progettazione, direzione e vigilanza “di modeste costruzioni civili”.
    Tali norme, come precisato dal giudice amministrativo, sono dettate per assicurare che la compilazione dei progetti e la direzione dei lavori siano assegnati a chi abbia la preparazione adeguata all’importanza delle opere, a salvaguardia sia dell’economia pubblica e privata, che dell’incolumità delle persone.
    La terminologia “modeste costruzioni civili” è stata variamente interpretata dalla giurisprudenza, talvolta in senso fortemente restrittivo e tal’altra in senso più permissivo, in relazione non solo alla possibilità del geometra di redigere un progetto, che preveda strutture in cemento armato, ed alla possibilità di far effettuare i relativi calcoli da un tecnico abilitato, ma anche in relazione alla individuazione di limiti quantitativi e qualitativi che la costruzione deve possedere, al fine di stabilire se la stessa rientri o meno nella nozione di modesta costruzione civile.
    Già il medesimo Tar Abruzzo si era occupato della tematica in esame, affermando come il criterio per accertare se una costruzione fosse da considerare modesta, e rientrare, quindi, nella competenza professionale dei geometri, dovesse essere individuato in base all’esame di alcuni parametri, quali: a) le difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano ; b) le capacità occorrenti per superarle; c) la complessità della struttura e delle relative modalità costruttive; d) il costo presunto dell’opera, in quanto si tratta di un elemento sintomatico che vale ad evidenziare le difficoltà tecniche che coinvolgono la costruzione.
    Tornando al caso di specie, i due edifici progettati risultavano essere costituiti da dieci appartamenti, con una superficie totale di mq. 727 e con un volume complessivo di circa mc. 4000, con l’utilizzo di cemento armato, anche se limitatamente alla cordonatura perimetrale dei solai; tali edifici possedevano, inoltre, un’altezza massima alla linea di gronda di m. 7.50 e si articolavano nella sostanza su tre piani (un piano terra, un primo piano ed un secondo piano, indicato come sottotetto/soffitta non abitabile, di circa 60 mq., avente un’altezza interna al colmo di m. 3,14).
    (Altalex, 16 febbraio 2011. Nota di Simone Marani)


    T.A.R.
    Abruzzo - Pescara
    Sezione I
    Sentenza 16 novembre 2010, n. 1213
    N. 01213/2010 REG.SEN.
    N. 00210/2010 REG.RIC.
    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

    sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)
    ha pronunciato la presente
    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 210 del 2010, proposto da:
    F. A., rappresentato e difeso dall'avv. Marcello Russo, con domicilio eletto presso il proprio difensore in Pescara, via delle Caserme, 85;

    contro
    Comune di Santa Maria Imbaro, rappresentato e difeso dall'avv. Diego De Carolis, con domicilio eletto presso il proprio difensore in Pescara, via Pesaro, 54 Sc.A;

    nei confronti di
    Montedil Srl, non costituita in giudizio;
    per ottenere
    - l’annullamento del provvedimento 8 marzo 2010, n. 1343, con il quale il Responsabile del Servizio Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Santa Maria Imbaro ha respinto la richiesta di permesso di costruire presentata dalla società Montedil s.r.l. per la realizzazione di un complesso residenziale, formato da due fabbricati, per complessive 10 unità abitative; nonché degli atti presupposti e connessi;
    - la condanna del Comune al risarcimento dei danni.

    Visti il ricorso e i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Santa Maria Imbaro;
    Viste le memorie difensive;
    Visti tutti gli atti della causa;
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2010 il dott. Michele Eliantonio e uditi per le parti l'avv. Russo Marcello per il ricorrente e l'avv. De Carolis Diego per il comune resistente;
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
    FATTO
    La società Montedil s.r.l. ha presentato al Comune di Santa Maria Imbaro richiesta di permesso di costruire per realizzare un complesso residenziale, costituito da due fabbricati, per complessive 10 unità abitative, e da 10 locali ad uso garage, con aree ad uso giardino e viabilità, il cui progetto era stato redatto dal geometra F. A..
    Tale richiesta è stata, però, respinta dal Responsabile del Servizio Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune con provvedimento 8 marzo 2010, n. 1343, sulla base del rilievo che la progettazione edilizia ed urbanistica dell’intervento proposto era di competenza di tecnici abilitati ingegneri o architetti e non di un tecnico diplomato geometra.
    Con il ricorso in esame il geometra F. A. è insorto dinanzi questo Tribunale avverso tale atto.
    Dopo aver premesso che il progetto prevedeva la realizzazione di due fabbricati di due piani per una superficie totale di mq. 727 e con un volume complessivo di meno di mc. 4000, con l’utilizzo del cemento armato limitato alla cordonatura perimetrale dei solai, la cui staticità è stata assentita dal Genio Civile su relazione tecnica dell’arch. Di Nunzio, ha dedotto le seguenti censure:
    1) Violazione del R.D. 11 febbraio 1929, n. 274, e della L. 5 novembre 1971, n. 1086, della normativa vigente in ordine alla competenza dei geometri e dell’art. 3 della L. 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.
    Contrariamente a quanto ipotizzato con l’atto impugnato, gli edifici da realizzare non hanno strutture portanti verticali in cemento armato. Appare, inoltre, erroneo il riferimento ad una sentenza della Cassazione (n. 1929/2009), che attiene a fattispecie diversa (cioè al caso di un successivo intervento sanante di un professionista competente), mentre, nella specie, i calcoli delle strutture in muratura del fabbricato erano stati precedentemente effettuati dall’arch. Di Nunzio.
    2) Violazione del R.D. 11 febbraio 1929, n. 274, e della L. 5 novembre 1971, n. 1086, della normativa vigente in ordine alla competenza dei geometri. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.
    L’amministrazione avrebbe dovuto svolgere un’attenta istruttoria al fine di verificare non solo le dimensioni dall’opera da realizzare, ma anche se la struttura da realizzare era particolarmente complessa; nella specie, l’opera non presenta una particolare complessità costruttiva.
    3) Violazione dell’art. 1 della L. 7 agosto 1990, n. 241 e dei principi comunitari di precauzione e proporzionalità. Eccesso di potere per irragionevolezza e per sviamento. Violazione del R.D. 11 febbraio 1929, n. 274, e della L. 5 novembre 1971, n. 1086.
    L’impugnato diniego non tiene conto del fatto che è stata adeguatamente garantita la sicurezza dall’opera.
    2) Violazione del R.D. 11 febbraio 1929, n. 274, e della L. 5 novembre 1971, n. 1086.
    E’ stato presentato presso il Senato un disegno di legge che consente ai geometri di realizzare in zona sismica edifici di due piani fuori terra.
    Ha chiesto, infine, la condanna del Comune al risarcimento dei danni.
    Tali doglianze la parte ricorrente ha ulteriormente illustrato con memoria depositata il 21 ottobre 2010.
    Il Comune di Santa Maria Imbaro è costituito in giudizio e con memoria depositata il 24 maggio 2010 ha pregiudizialmente eccepito l’inammissibilità del gravame per difetto di legittimazione attiva per non essere il ricorrente destinatario dell’atto impugnato e per difetto di giurisdizione, in quanto la controversia mira all’accertamento del diritto soggettivo del geometra a sottoscrivere il progetto ed alla condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni; nel merito, ha poi diffusamente confutato il fondamento delle censure dedotte.
    Alla pubblica udienza del 4 novembre 2010 la causa è stata quindi trattenuta a decisione.
    DIRITTO
    1. - L’impugnato provvedimento 8 marzo 2010, n. 1343, con il quale il Responsabile del Servizio Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Santa Maria Imbaro ha respinto la richiesta di permesso di costruire presentata dalla società Montedil s.r.l. per la realizzazione di un complesso residenziale è nella sostanza motivata sul rilievo che la progettazione edilizia ed urbanistica dell’intervento proposto era di competenza di tecnici abilitati ingegneri o architetti e non di un tecnico diplomato geometra.
    L’attuale ricorrente, in possesso del titolo di geometra e progettista dell’opera, con il ricorso in esame è insorto avverso tale atto di rigetto del permesso di costruire, deducendo nella sostanza di avere capacità e legittimazione a firmare il progetto in questione.
    2. - In via pregiudiziale il Collegio deve farsi carico di esaminare le eccezioni di rito dedotte dall’Amministrazione resistente, con le quali sono stati prospettati per un verso il difetto di giurisdizione di questo Tribunale a conoscere della controversia così come proposta (che avrebbe, ad avviso della resistente, come oggetto l’accertamento del diritto soggettivo del geometra a sottoscrivere il progetto e la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni) e per altro verso l’inammissibilità del gravame per difetto di legittimazione attiva per non essere il ricorrente destinatario dell’atto impugnato.
    Tali eccezioni ad avviso del progetto non sono fondate.
    Va, invero, al riguardo evidenziato che costituisce oggetto del ricorso in esame, come sopra precisato, non l’accertamento del diritto soggettivo del professionista a sottoscrivere il progetto dell’opera in questione o a ricevere il proprio compenso, ma la legittimità di un atto amministrativo (cioè del diniego di un permesso di costruire) e tale controversia rientra nella giurisdizione di questo Tribunale, in quanto nella specie è stato censurato lo scorretto uso del potere del Comune in ordine all’emanazione di un provvedimento amministrativo, in relazione, in particolare, all’accertamento dei presupposti di legittimità per l’adozione dell’atto finale, compreso quello inerente la capacità e legittimazione a firmare un progetto in relazione alle caratteristiche concrete di esso. E’ noto, infatti, che prima del rilascio di un titolo edilizio, l’autorità comunale deve sempre anche accertare se la progettazione sia stata affidata ad un professionista competente in relazione alla natura ed importanza della costruzione. Ed in questi casi, come sembra evidente, l’attività amministrativa di diritto pubblico non può qualificarsi come strumento teso a comprimere o negare un diritto soggettivo, ma a verificarne il regolare esercizio nell’ambito di un procedimento amministrativo in relazione al quale la disciplina della professione e della capacità progettuale assume rilievo meramente incidentale e la relativa valutazione fatta dalla P. A. un effetto meramente strumentale all’adozione del provvedimento concessorio finale.
    Inoltre, come pacificamente e costantemente ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa (cfr., da ultimo, Cons. St., sez. IV, 12 marzo 2010, n. 1457), non appare seriamente contestabile la sussistenza dell’interesse e della legittimazione attiva del ricorrente a dedurre l’illegittimità di un atto certamente lesivo dei propri interessi.
    3. - Giunti a tale conclusione può utilmente passarsi all’esame delle censure dedotte con il gravame, che possono esaminarsi congiuntamente.
    Va al riguardo subito precisato che il ricorso non sembra fondato.
    La questione che nella sostanza il Collego è chiamato a risolvere è quella volta ad accertare se il ricorrente, in possesso del diploma di geometra, avrebbe potuto o meno redigere il progetto dell’intervento costruttivo in questione.
    Come è noto, la materia trova la sua disciplina fondamentale nell’art. 16 del R. D. 11 febbraio 1929, n. 274 (Regolamento per la professione di geometra), che, nel precisare l’oggetto ed i limiti dell’esercizio professionale dei geometri, dispone alla lettera l) che tali professionisti possano, tra l’altro, svolgere attività di progettazione di costruzioni rurali (“progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d’industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone; nonché di piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade vicinali senza rilevanti opere d'arte, lavori d'irrigazione e di bonifica, provvista d'acqua per le stesse aziende e riparto della spesa per opere consorziali relative, esclusa, comunque, la redazione di progetti generali di bonifica idraulica ed agraria e relativa direzione”) ed alla lettera m) che tali professionisti possano, inoltre, svolgere l’attività di progettazione, direzione e vigilanza “di modeste costruzioni civili”.
    Tali norme, come sembra evidente, nel regolare l’esercizio ed i limiti di applicazione delle professioni di geometra, architetto ed ingegnere sono dettate per assicurare che la compilazione dei progetti e la direzione dei lavori siano assegnati a chi abbia la preparazione adeguata all’importanza delle opere, a salvaguardia sia dell’economia pubblica e privata, che dell’incolumità delle persone.
    E va, al riguardo, evidenziato che - relativamente agli edifici residenziali quali quelli ora all’esame - l’espressione utilizzata (“modeste costruzioni civili”) è stata variamente interpretata dalla giurisprudenza, talvolta in senso fortemente restrittivo e tal’altra in senso più permissivo, in relazione non solo alla possibilità del geometra di redigere un progetto, che preveda strutture in cemento armato, ed alla possibilità di far effettuare i relativi calcoli da un tecnico abilitato, ma anche in relazione alla individuazione di limiti quantitativi e qualitativi che la costruzione deve possedere, al fine di stabilire se la stessa rientri o meno nella nozione di modesta costruzione civile.
    Invero, i limiti posti dal predetto art. 16, lettera m), alla competenza professionale dei geometri, se è pur vero che rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, lasciano nella sostanza all’interprete ampi margini in ordine alla valutazione dei requisiti della “modestia” della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell’assenza di implicazioni per la pubblica incolumità.
    Della questione, va ricordato, si è recentemente già occupato con sentenza 5 marzo 2009, n. 134, anche questo Tribunale che in tale occasione ha precisato che il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta, e rientri quindi nella competenza professionale dei geometri, vada individuato nelle difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e nelle capacità occorrenti per superarle; ed ha ritenuto che a questo fine assumono specifico rilievo, oltre alla complessità della struttura e delle relative modalità costruttive, anche, ma in via complementare, il costo presunto dell’opera, in quanto si tratta di un elemento sintomatico che vale ad evidenziare le difficoltà tecniche che coinvolgono la costruzione. In aggiunta, ha anche precisato che la competenza professionale dei geometri in materia di progettazione e direzione dei lavori di opere edili riguarda anche le piccole costruzioni accessorie in cemento armato che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone. Ed in tale occasione si è ritenuto che la realizzazione di un garage di modeste dimensioni ben avrebbe potuto essere progettato da un geometra, in quanto, pur se realizzato in cemento armato, tale manufatto non richiedeva per la sua progettazione particolari operazioni di calcolo e che, inoltre, tale opera per la sua collocazione (totalmente interrato) e per la sua specifica destinazione (a garage) non poteva comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone.
    Da tali conclusione il Collegio non rinviene allo stato motivi per discostarsi.
    Ciò posto e per passare all’esame del caso di specie, ritiene la Sezione che nella specie la costruzione progettata non possa ritenersi una “modesta costruzione civile”, con riguardo sia alla struttura dell’edificio che alle relative modalità costruttive.
    Dall’esame degli atti progettuali versati in giudizio si rileva, infatti, che i due edifici progettati sono costituiti da dieci appartamenti, con una superficie totale di mq. 727 e con un volume complessivo di circa mc. 4000, con l’utilizzo del cemento armato, sia pur limitato alla cordonatura perimetrale dei solai; tali edifici hanno, inoltre, un’altezza massima alla linea di gronda di m. 7.50 e si articolano nella sostanza su tre piani (un piano terra, un primo piano ed un secondo piano, indicato come sottotetto/soffitta non abitabile, di circa 60 mq., avente un’altezza interna al colmo di m. 3,14).
    In definitiva, ritiene la Sezione che l’opera progettata per le sue dimensioni e per l’uso cui è destinata per un verso richiede per la sua progettazione particolari operazioni di calcolo e per altro verso, in riferimento alla sua specifica destinazione abitativa, può implicare pericolo per la incolumità delle persone. E tali circostanze sono state tutte adeguatamente individuate e diffusamente rappresentate nell’atto impugnato.
    Né appaiono in merito rilevanti le considerazioni sviluppate dal ricorrente con il gravame secondo le quali gli edifici da realizzare non hanno strutture portanti verticali in cemento armato, l’opera non presenta una particolare complessità costruttiva, non si era tenuto conto del fatto che è adeguatamente garantita la sicurezza dall’opera, anche in relazione alla indubbia capacità professionale del ricorrente od al fatto che era stato presentato un disegno di legge che consente ai geometri di realizzare in zona sismica anche edifici di due piani fuori terra.
    In realtà, ad avviso del Collegio, non può ritenersi “modesta”, così come previsto dal diritto vigente, una costruzione avente le particolari dimensioni e caratteristiche sopra indicate; per cui, prescindendo dalle capacità ed esperienze professionali del ricorrente (che in questa sede non sono contestate) tale costruzione avrebbe potuto essere progettata solo da un professionista laureato.
    Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, conseguentemente, essere respinto.
    Sussistono, tuttavia, in relazione alla complessità della normativa applicabile alla fattispecie e delle questioni interpretative che tale normativa pone, giuste ragioni per disporre la totale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di giudizio.

    P.Q.M.

    definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

    Spese compensate.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

    Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 4 novembre 2010 con l'intervento dei magistrati:



    Umberto Zuballi, Presidente

    Michele Eliantonio, Consigliere, Estensore

    Dino Nazzaro, Consigliere





    L'ESTENSORE IL PRESIDENTE


    DEPOSITATA IN SEGRETERIA


    IL 16/11/2010

    IL SEGRETARIO

    (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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