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  • Matricole in calo, e i più bravi si iscrivono agli atenei privati

    I neo diplomati bocciano il sistema universitario italiano, soprattutto quello statale: gli atenei attraggono sempre meno i ragazzi freschi di maturità che, dove c’è lavoro di qualità, preferiscono un contratto all’iscrizione ad un corso di laurea. In Italia meno di un diciannovenne su due prosegue gli studi dopo il diploma. E chi lo fa, se ha una bella pagella in uscita dalle superiori, punta sugli atenei privati di maggior prestigio per completare il proprio percorso: università come la Luiss e la Bocconi raccolgono le percentuali più alte dei migliori diplomati, quelli che prendono voti dal 90 in su. È la fotografia scattata dall’annuale Rapporto del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (Cnvsu), che racconta di un sistema accademico in buona salute (siamo quinti in Europa per qualità e decimi al mondo), ma sempre meno attraente per i giovani. Un dato, quest’ultimo, che impone una riflessione agli atenei, in particolare quelli pubblici, bocciati dai migliori studenti. Entro 5 anni, poi, il sistema perderà 14mila professori che andranno in pensione, ma, segnala Luigi Biggeri, presidente Cnvsu, «manca una programmazione dei posti da mettere a concorso per coprire i buchi». La fuga. Nel 2002/2003 il 74,5% dei neo diplomati sceglieva l’università. Nel 2009/2010 sono scesi al 65,7%. In particolare, meno di un 19enne su due (47,7%) nel 2009/2010 ha scelto di proseguire gli studi. Un calo drastico rispetto al 56% del 2006. Dove c’è occupazione, si legge nel Rapporto, i giovani non si immatricolano: l’università non viene percepita come un volano per la propria carriera, meglio partire da un contratto. Gli immatricolati sono scesi a quota 293mila contro gli oltre 338mila di otto anni fa. Un giudizio preciso sulla qualità del sistema accademico emerge poi dai super bravi: chi prende più di 90 alla maturità sceglie università private. Alla Luiss il 68,1% delle neo matricole fa parte della rosa dei diplomati migliori, alla Bocconi sono il 58%. Seguono il Campus Biomedico di Roma (52,6%), il San Raffaele di Milano (52,5%). Un giudizio che, forse, vale più di qualunque classifica.

    L’abbandono. Gli abbandoni fra il primo e il secondo anno calano dal 17,5% al 16,7%, ma il 40% degli studenti è fuoricorso. La regolarità è in diminuzione, la situazione è migliore solo nelle facoltà a numero chiuso. I laureati sono scesi, nel 2009, sotto la soglia dei 300mila. Da soli quelli triennali sono diminuiti di 2mila unità. In calo anche i dottori precoci, che si laureano prima del previsto, ma la gran parte si concentra ancora in modo anomalo in alcune università telematiche.

    Bprse dimezzate. L’università attrae poco, forse, anche perché per chi non ha i mezzi frequentarla può essere difficile: nel 2010 sono stati dimezzati i fondi per le borse di studio, calati del 60%. Solo l’81% degli idonei riceve il sussidio e solo il 22% di chi ha una borsa ha accesso ad alloggi universitari.

    Prof over 60. Il corpo accademico invecchia a vista d’occhio: gli ordinari over 60 sono il 50%. La loro età media è passata dai 58 anni del 1998 ai 63 del 2010. Fra gli associati solo il 5% ha meno di 41 anni. Invecchiano anche i ricercatori. Aumenta la quota di donne: sono il 20% degli ordinari e il 45% di chi fa ricerca. L’età media elevata spiega il fatto che nei prossimi 5 anni andranno in pensione oltre 14mila docenti. Per facoltà come Architettura e Ingegneria Civile è allarme: uscirà il 32% dei prof ordinari. «Vanno riprogrammati gli accessi - sottolinea il presidente Biggeri - o si rischiano emorragie di docenti in determinate aree di studio». C’è poi il caso dei ricercatori in fuga dall’università: tra il 2000 e il 2010 il 50% di quelli che sono usciti dal sistema sono stati dimissionari, hanno scelto di fare altro, soprattutto fra i più giovani, gli under 45.
     
    Fonte: IlMattino

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