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  • Casa al figlio che si sposa? La semplice richiesta di restituzione non basta


    Fonte: Altalex       


    L’usufruttuario di un appartamento che lo concede in godimento gratuito ad un soggetto, in vista del suo matrimonio, affinché lo utilizzi per se e il coniuge, e quindi per le necessità della propria futura famiglia, non può pretenderne la restituzione, se non adducendo un urgente ed impreveduto bisogno.
    E’ questo il principio espresso dal Tribunale di Lecco in una recente sentenza che ha visto contrapposto padre (comodante) e figlio (comodatario).
    La massima è conforme ad un ormai consolidato orientamento dei giudici di merito (da ultimo Tribunale di Roma 06 novembre 2009) e di quelli di legittimità, con l’autorevole avvallo delle Sezioni Unite (Cass. 16603/2004) che tuttavia, recentemente, sembrava essere stato scalfito da una contraria pronuncia resa dalla III Sezione della Cassazione (Cass. 15986/2010).

    Quel Collegio aveva infatti affermato che “il comodato precario é caratterizzato dalla circostanza che la determinazione del termine di efficacia del vinculum iuris costituito tra le parti é rimessa in via potestativa alla sola volontà del comodante, che ha facoltà di manifestarla "ad nutum" con la semplice richiesta di restituzione del bene senza che assuma rilievo la circostanza che l'immobile sia stato adibito a casa familiare e sia stato assegnato, in sede di separazione tra i coniugi, all'affidatario dei figli. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva rigettato la domanda di restituzione di un immobile concesso in comodato dai genitori al figlio e rimasto nella disponibilità della nuora dopo la separazione, ritenendo che la legittimità di tale pretesa fosse subordinata alla sopravvenienza di un urgente e impreveduto bisogno ai sensi dell'art. 1809, comma 2, c.c.)”.
    Evidentemente, quest’ultima massima non deve avere “convinto” il Tribunale di Lecco se è vero che, come sopra già accennato, costui si è risolto nel (ri)affermare la preminenza del vincolo di destinazione rispetto alla possibilità, per il comodante, di riavere “ad nutum” il bene dato in godimento.

    (Altalex, 17 dicembre 2010. Nota di Sergio Vergottini)


    Tribunale di Lecco
    Sentenza 1° dicembre 2010
    Con ricorso ex art. 447 bis depositato il 10.7.2008, X., in qualità di usufruttuario dell’immobile sito in xxxxxxx (LC), via xxxxx, n. xx, riferendo di aver concesso verbalmente in comodato gratuito al figlio Y. alcuni locali di detto immobile senza determinazione di durata, lamentando il mancato rilascio di questi da parte del comodatario, chiedeva che, accertato e dichiarato l’esistenza di un contratto verbale di comodato gratuito senza determinazione di durata ex art. 1810 c.c., condannasse Y. al rilascio dell’immobile nel fissando termine per l’esecuzione.
    Il ricorso e il pedissequo decreto ex art. 447 bis c.p.c., con il quale il giudice fissava l’udienza del 26.11.2008, venivano notificati il 4.8.2008 al resistente, che si costituiva, con memoria difensiva depositata in cancelleria il 15.11.2008, sostenendo l’esistenza di un contratto di comodato c.d. precario in suo favore ed invocando l’applicazione dell’art. 1809, comma 2, c.c., e chiedeva pertanto anche in via riconvenzionale, previa fissazione di nuova udienza ex art. 418 c.p.c., che il Tribunale accertasse e dichiarasse l’esistenza di un contratto stipulato in forma non scritta, mediante il quale X. aveva concesso in comodato l’immobile al figlio Y. affinché questi ne facesse uso per le attività abitative sue e della sua famiglia.
    All’udienza del 26.11.2008 il giudice, stante la proposizione della domanda riconvenzionale, provvedeva ex art. 418 c.p.c. a fissare la nuova udienza del 18.2.2009, concedendo termine al ricorrente per depositare memoria di replica alla domanda riconvenzionale. Con comparsa di costituzione e risposta alla domanda riconvenzionale, depositata il 5.2.2009, il ricorrente si opponeva a tale domanda, instando per la sua reiezione.
    All’udienza del 5.2.2009 il giudice, interrogate liberamente le parti ed esperito inutilmente il tentativo di conciliazione, ammetteva le prove richieste dalle parti, nei limiti di cui al provvedimento reso in tale udienza, rinviando la causa all’udienza del 29.7.2009 per l’assunzione delle prove ammesse.
    La causa veniva istruita con l’espletamento dell’interrogatorio formale di Y. e con l’escussione dei testi xxxxxxx, xxxxxxx, xxxxxxxxx, xxxxxxx, xxxxxx e all’esito dell’istruttoria, su concorde richiesta delle parti, veniva rinviata per la discussione all’udienza del 1.12.2010, previa concessione dei termini ex art. 429, comma 2, c.p.c. per il deposito di note difensive. All’udienza del 1.12.2010 il giudice, fatte precisare le conclusioni alle parti ed udita la discussione, ha deciso la causa, come da separato dispositivo e contestuale motivazione, di cui ha dato lettura alle parti ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c..
    MOTIVI DELLA DECISIONE
    La domanda del ricorrente è infondata. Occorre ricordare che in materia di comodato, ove il titolo negoziale sia rappresentato, come nella specie, da un comodato precario, quindi senza determinazione di tempo, il comodante viene correttamente ritenuto obbligato a consentire la continuazione del godimento in considerazione del vincolo di destinazione dell’immobile alle esigenze abitative familiari che si è impresso con il contratto, salva l’ipotesi di sopravvenienza di urgente ed impreveduto bisogno ai sensi dell’art. 1809, comma 2, c.c. (Cass., sez. II, 13.2.2006, n. 3072).
    L’istruttoria espletata nel presente giudizio ha consentito di accertate che il ricorrente X. e la di lui moglie xxxxxxx, nel novembre xxxx, convocarono i futuri sposi Y. e xxxxxxx e concessero loro in comodato l’appartamento sito in xxxxxxx (LC), via xxxxx, n. xx, affinché vi ponessero la loro residenza coniugale e vi abitassero con il costituendo nucleo familiare. L’immobile, pacificamente, è stato sempre utilizzato nel corso degli anni per tale finalità dal resistente, che vi ha abitato con la famiglia, detenendo le chiavi dell’immobile, che fece cambiare nel xxxx, in prossimità della celebrazione del matrimonio. Le suddette circostanze sono state confermate non solo dalle testi xxxxxx, moglie del resistente, e xxxxxx, suocera di questo, ma anche dalla sorella xxxxxxxx, attuale proprietaria dell’immobile, la quale ha dichiarato, nonostante i pessimi rapporti tra lei e il fratello, che “la casa fu concessa gratuitamente agli sposi perché essi erano giovani nella prospettiva che essi comprassero una loro casa” (verb. ud. 15.3.2010) e dunque, in effetti, senza alcuna predeterminazione di durata.
    Anche la teste xxxxxxxx, consuocera del ricorrente, ha confermato che “i genitori del sig. Y. hanno concesso la casa al figlio per le esigenze abitative sue e della sua famiglia, ma con l’intesa che avrebbe restituito l’appartamento ove fosse servito” (verb. ud. 16.11.2009). Assumeva dunque preminente importanza, nella comune intenzione delle parti, la destinazione della casa comodata ad uso familiare, apparendo meramente eventuale e, comunque, non meglio precisata nei suoi contorni la pattuizione che il comodante avrebbe potuto richiedere la restituzione dell’immobile, “ove fosse servito”.
    Ciò che rileva, ai fini della qualificazione del contratto e della conseguente disciplina alla quale è soggetto, è la reale destinazione del bene alla effettiva finalità comune, intesa come causa in concreto e funzione economico-individuale del negozio, voluta dalle parti, che era appunto quella di consentire agli sposi e successivamente al nucleo familiare di vivere all’interno dell’immobile per l’esigenza abitativa della famiglia, senza predeterminazione di durata, non disponendo il resistente di alcun immobile per soddisfare tale primaria esigenza. La suddetta finalità comune, corrispondente alla causa del contratto precario, è del resto confermata in modo altrettanto decisivo dalla mancata risposta del ricorrente all’interrogatorio formale deferitogli senza alcun giustificato motivo.
    È pertanto evidente che il contratto rientri a pieno titolo nella disciplina del c.d. contratto precario, regolato dall’art. 1809, comma 2, c.c. e che, in difetto di urgente ed impreveduto bisogno da parte del comodante, nemmeno allegato, del resto, da parte del ricorrente, la domanda di questi deve essere respinta, dovendo al contrario, e per gli stessi motivi, accogliersi la domanda riconvenzionale del resistente. Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo d’ufficio in difetto di notula, seguono la soccombenza del ricorrente X..
    P.Q.M.
    Il Tribunale di Lecco, in persona del giudice unico, Massimiliano Noccelli, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da X. nei confronti di Y. con ricorso ex art. 447-bis, depositato il 10.7.2009 e notificato il 4.8.2009, nonché sulla domanda riconvenzionale da Y. proposta nella memoria difensiva depositata il 15.11.2010 nei confronti del ricorrente, nel contraddittorio tra le parti, ogni altra domanda ed eccezione disattesa, così provvede:
    RIGETTA la domanda principale proposta da X. nei confronti di Y..
    ACCERTA l’esistenza di un contratto di comodato a titolo precario tra X. ed Y., per le esigenze abitative di quest’ultimo e della sua famigli, avente ad oggetto l’immobile sito in xxxxxxx (LC), via xxxxx, n. xx.
    CONDANNA X. a rifondere, in favore di Y., le spese del giudizio, che liquida nell’importo di xxxx,00, di cui xxxx,00 per onorari, xxxxx,00 per diritti, xxxx,00 per spese, oltre spese generali, IVA, se dovuta, e CPA come per legge.
    Così deciso in Lecco il 1° dicembre 2010.
    Il Giudice
    Massimiliano Noccelli

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