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Per la caduta da cavallo l'istruttore non risponde
Non può configurarsi una responsabilità per colpa omissiva a carico dell'istruttore di equitazione che non imponga l'uso di particolari protezioni all'allievo. È quanto ricostruito dalla Cassazione con la sentenza 38117/2010 in un caso di omicidio colposo ai danni di un'allieva.
La vicenda vede coinvolta un'addestratrice e nove allievi usciti per una passeggiata a cavallo nelle campagne circostanti il circolo ippico. Nel corso dell'escursione, l'istruttrice si trovava alla testa del gruppo, quando, ordinato di procedere al trotto, uno dei cavalli, infastidito dall'andatura di un altro animale, sferrava un calcio colpendo con lo zoccolo il torace e il braccio sinistro dell'allieva che montava il puledro che lo seguiva. La ragazza era immediatamente soccorsa e, trasportata al vicino ospedale per ricevere le cure necessarie, decedeva il mattino successivo.Ricostruiti così i fatti, sia il magistrato di primo grado, sia quello di merito assolvevano dal reato di omicidio colposo l'addestratrice ritenendo che nessuna imprudenza o negligenza era ascrivibile all'imputata. La parte civile ricorreva in Cassazione deducendo, innanzitutto, la pericolosità insita nell'attività sportiva equestre. Quindi – si legge nel ricorso – l'istruttrice doveva predisporre le opportune cautele per il suo esercizio, dotando le allieve del corpetto protettivo, indispensabile per prevenire lesioni vertebrali in caso di caduta. La Cassazione respinge il ricorso ritenendo che la pratica equestre non è in sé pericolosa. In sostanza – si legge in sentenza – l'attività è pericolosa se per sua stessa natura o per le caratteristiche di esercizio comporti una rilevante possibilità del verificarsi del danno (Cassazione 39619/2007). Ciò che è notoriamente pericolosa – continua il magistrato – è l'attività equestre sportiva agonistica, ben distinta da quella addestrativa di gruppo.Inoltre, la giurisprudenza richiamata dal ricorrente in tema di attività pericolose ai sensi dell'articolo 2050 del codice civile, si riferisce alla responsabilità del gestore del maneggio e non già all'istruttore, che, almeno quanto a dotazioni di sicurezza, dipende dalla disponibilità della struttura in cui opera. Ma ciò che in verità esclude la responsabilità penale dell'istruttrice sono proprio le modalità con cui si è verificato il sinistro, al limite del fortuito.
Tra l'altro – si legge – l'evento eccezionale è anche il primo e unico che avvenga nel genere. Infatti, l'essere usciti per una passeggiata lungo un percorso predeterminato, peraltro conosciuto da cavalli mansueti, con la presenza di un istruttore federale, esclude che vi possa essere una rilevante probabilità di danni agli allievi, tale da far ritenere pericolosa la pratica equestre. Danni – conclude la sentenza – che seppur verificatisi non potevano essere evitati dai presidi cautelari, quali il corpetto protettivo, in quanto esorbitanti dal "rischio tipico" per colui che si trova, in alto, a cavallo. Una lettura in contrasto con la giurisprudenza (Cassazione, sentenza 9581/1998) per cui l'attività di equitazione costituisce attività pericolosa quando in relazione al cavallo adoperato ci si trovi innanzi a cavalieri inesperti e principianti, soprattutto alla presenza di allievi giovanissimi e, conseguentemente, incapaci di controllo sull'animale imprevedibile nelle sue reazioni se non sottoposto a un comando valido.
Fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2010-11-08/caduta-cavallo-istruttore-risponde-064139.shtml?uuid=AYYgBzhC

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