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  • L’avvocato che affida a terzi i servizi deve pagare l’IRAP

    Cassazione civile , sez. tributaria, sentenza 28.04.2010 n° 10151

    La Sezione Tributaria della Cassazione interviene, ancora una volta, a dirimere una questione interpretativa inerente l’applicabilità dell’IRAP agli studi professionali.

    Come è noto a tutti coloro che esercitano la professione di avvocato, la questione di fondo è stata risolta dall’intervento delle Sezioni Unite della Suprema Corte che, con sentenza n. 12111 del 2009, hanno fissato in maniera definitiva i presupposti, ricorrendo i quali il professionista è esonerato dall’obbligo di pagare questo tanto vituperato tributo.

    Secondo l’indirizzo espresso dalle Sezioni Unite, giova rammentarlo, la regola generale rimane quella per cui anche il professionista è tenuto a corrispondere l’Irap. In via d’eccezione, tuttavia, egli è escluso dall’imposta, qualora svolga attività non autonomamente organizzata.

    Il requisito dell’autonoma organizzazione, hanno precisato i Giudici di Piazza Cavour, ricorre allorché concorrano le seguenti condizioni:

    il contribuente sia responsabile della organizzazione e non sia, quindi, inserito in altrui strutture organizzative;

    quando il contribuente impieghi beni strumentali che, secondo l’id quod prelumque accidit, eccedano il minimo indispensabile per l'esercizio della attività, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

    L’organizzazione è autonoma, in particolare, allorché sia idonea a potenziare e accrescere l’attività produttiva di reddito senza, però, che ciò debba necessariamente significare che la struttura organizzata sia in grado di funzionare in assenza del titolare.

    Con l’ulteriore precisazione, infine, che è onere del contribuente fornire la prova dell’assenza dell’autonoma organizzazione e non dell’Amministrazione la prova della loro sussistenza.

    I principi enunciati dalle Sezioni Unite possono considerarsi, ormai, ius receptum, tanto é vero che la sentenza 28 aprile 2010, n. 10151 della Quinta Sezione, qui in commento, non si discosta dal precedente orientamento appena richiamato, ma chiarisce ed applica il principio generale ad una ipotesi particolare.

    Nel caso giunto all’esame della Corte, infatti, lo studio professionale - che è uno studio associato - aveva affidato tutti i servizi a supporto dell’attività professionale (telefonia, segreteria, ecc.) ad una società esterna di servizi e, sul presupposto che tutta l’attività strumentale non fosse esercitata con propria autonoma organizzazione ma demandata a terzi, sosteneva l’assenza di una propria autonomia organizzativa ai fini dell’applicazione dell’Irap.

    La Corte di Cassazione censura tale assunto e stabilisce che l’affidamento dell’attività strumentale ad una società di servizi, postulando il ricorso - non occasionale ma continuativo - al lavoro di terzi, integra di per sé il requisito dell’autonoma organizzazione rilevante ai fini dell’applicazione dell’Irap.

    Alla luce dei paletti fissati dalle Sezioni Unite, la soluzione approntate dalla Corte in questa circostanza appare, invero, doversi condividere. L’esonero dall’Irap, come anticipato, rappresenta una eccezione alla regola che si giustifica in ragione dell’assenza, in capo al professionista, di una struttura che sia in qualche misura atta a potenziarne l’attività. In questa prospettiva, come opportunamente osservato dagli Ermellini, il fatto che la struttura di supporto sia fornita da personale dipendente ovvero da terzi che operino in modo continuativo sulla base di un contratto di fornitura appare priva di significativo rilievo.

    In estrema sintesi, è esonerato dall’Irap il professionista che opera senza valersi di servizi di telefonia e segreteria. L’attivazione, presso lo studio, di tali servizi, è espressione di autonomia organizzativa rilevante ai fini Irap, a prescindere dal fatto che tali servizi siano assicurati da uno o più dipendenti ovvero forniti da una società esterna.




    Fonte: http://www.altalex.it/

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