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  • Sull’illegittimo licenziamento per superamento del periodo di comporto dovuto ad assegnazione illecita di mansioni

    In tema di licenziamento, ed in particolare per superamento del periodo di comporto, Cass. Civ. sez Lav. n. 27845/09, osserva che, il licenziamento per superamento del periodo di comporto è illegittimo allorquando illegittima sia l’assegnazione delle mansioni superiori in capo ad un invalido, che abbiano concausato la malattia. Ne discende che correttamente le assenze derivanti da tali malattie devono essere escluse da quelle utili per la determinazione del periodo di comporto, tenuto conto del diritto del lavoratore, e tanto più se invalido, di pretendere- e correlativamente dell'obbligo del datore di lavoro di ricercare - una collocazione lavorativa idonea a salvaguardare la salute del dipendente nel rispetto dell'organizzazione aziendale in concreto realizzata dall'imprenditore.

    Infine, Sez. Lav. 27845/09 precisa che, alla luce del sistema bipolare introdotto in materia risarcitoria dall'arresto delle SU n. 26972/2008, nella disciplina del rapporto di lavoro, ove già numerose disposizioni assicurano una tutela rafforzata alla persona del lavoratore con il riconoscimento di diritti oggetto di tutela costituzionale (artt. 32, 37 Cost.), il danno non patrimoniale, per come ha già precisato questa Suprema Corte (v. sent. n. 10864/2009), è configurabile, indipendentemente dalla violazione di un precetto penale, ogni qual volta la condotta illecita del datore di lavoro abbia violato in modo grave i diritti della persona del lavoratore, concretizzando un vulnus ad interessi oggetto di copertura costituzionale; questi ultimi, non essendo regolati ex ante da norme di legge, per essere suscettibili di tutela risarcitoria, dovranno essere individuati, caso per caso, dal giudice dì merito, il quale, senza duplicare il risarcimento, dovrà discriminare i meri pregiudizi, che si risolvono in disagi o lesioni di interessi privi di qualsiasi consistenza e gravità, come tali non risarcibili, dai danni che vanno risarciti, mediante una valutazione supportata da una motivazione che, se congrua e coerente con i principi giuridici applicabili alla materia, resta esente dal sindacato di legittimità. E fermo restando, anche con riferimento all'ambito lavoristico, la necessità che sia provato non solo il nesso causale fra la condotta illecita ed il pregiudizio lamentato, ma anche che sia accertata l'esistenza del danno, seppure eventualmente a seguito di presunzioni, che, però, in quanto gravi, precise e concordanti, debbono assurgere a fonti di prova.


    Fonte: LaPrevidenza.it

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