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Voragini in città, Napoli e Roma a rischio I ricercatori: «Colpa anche dell'uomo»
ROMA (3 dicembre) - In Abruzzo collassano alcune aree colpite dal terremoto del 6 aprile. Ma non è solo l'Aquilano ad essere interessato dal fenomeno dello «sprofondamento».
Molte le città a rischio e ai primi posti ci sono Roma e Napoli. A parlarne sono stati i ricercatori dell'Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), nel corso del secondo workshop internazionale «I sinkholes». Gli sprofondamenti catastrofici nell'ambiente naturale ed in quello antropizzato che si sta svolgendo a Roma e si chiuderà domani.
I «sinkholes» sono delle depressioni che si creano nel terreno, un fenomeno che interessa tutta l'Italia costituendo un fattore di rischio in quanto spesso coinvolge aree urbane e infrastrutture, talvolta con un costo in vite umane.
Ad innescare queste voragini, piogge copiose e fratture del suolo ma anche attività umane ed eventi sismici. Il fenomeno «sinkhole» non risparmia centri urbani densamente popolati, come Roma, sotto la cui superficie sono presenti numerose cavità sotterranee fatte dall'uomo nel corso dei secoli come cave, catacombe, cunicoli idraulici, acquedotti, fognature e sotterranei.
Dal 1915 ad oggi, nella Capitale si sono verificati circa 100 casi di dissesto. Sprofondamenti o voragini, connessi a cavità sia carsiche di origine naturale che artificiali scavate dall'uomo, si registrano anche in aree urbane e rurali della Puglia. Mentre una normativa ad hoc è stata realizzata solo dalle Regioni Lazio e Sardegna, le quali prevedono sia il monitoraggio delle aree edificate che di quelle su cui si intende costruire.
«A distanza di 5 anni dal primo seminario - ha spiegato Emilio Santori, Sub Commissario Ispra - si è ritenuto utile riaccendere l'interesse su un tema geologico dibattuto in ambiente scientifico ma poco noto all'opinione pubblica. Si parla molto di frane e alluvioni, ma non altrettanto di quegli sprofondamenti che, al pari di alcuni fenomeni naturali, possono essere altrettanto pericolosi per la popolazione».
Fonte: il mattino
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