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  • Niente risarcimento per il "mega-black out" del 2003 senza la prova del danno

    «Avevo il frigo pieno e tutto il cibo è andato a male». Dirlo non basta, bisogna provarlo: altrimenti niente risarcimento, anche se il black out “incriminato” è quello che ha lasciato tutta Italia nel buio fra il 27 e il 28 settembre 2003. Lo stabilisce l’ordinanza 20324/09 della Cassazione.

    Il caso
    L’Enel tira un sospiro di sollievo: la Suprema corte decide nel merito e rigetta la domanda di risarcimento avanzata da uno dei tanti utenti rimasti a lungo senza energia elettrica in quella notte di sei anni fa. Il risarcimento riconosciuto al consumatore in primo e secondo grado era esiguo - 25,82 euro - ma non bisogna dimenticare che sono numerose le cause in corso sul mega-black out del 2003. Già il giudice di prime cure aveva disconosciuto il danno per il deterioramento del cibo nel frigorifero. Ora al consumatore è negato anche quel simbolico ristoro stabilito in sede di merito. Vediamo perché. Al centro del mirino c’è l’affermazione del giudice del merito secondo cui una lunga interruzione della fornitura di energia «comporta danni economicamente apprezzabili». Una tesi che può apparire condivisibile e che tuttavia è motivata in base alle nozioni di comune esperienza. Ma questo non basta a far scattare il risarcimento.

    La decisione
    La motivazione della sentenza di merito - spiega la Corte - risulta insufficiente rispetto alla prova del fatto costitutivo della domanda di risarcimento danni rappresentato dalla verificazione di un danno-conseguenza. Ed ecco perché non convince la “copertura” offerta dal giudice d’appello al risarcimento (asseritamente) equitativo deciso in prima istanza ex articolo 1226 del codice civile: dalla semplice osservazione che di solito un lungo black out crea un danno il magistrato ha preteso di desumere che nella specie dovesse ritenersi sussistente il danno prospettato dall’utente. La massima di esperienza cui si fa riferimento - osservano gli “ermellini” - è di natura causale-probabilistica: si tratta di un’inferenza, cioè «se accade un fatto X, allora di norma accade anche un fatto Y». Ma quando il ragionamento è adoperato in funzione probatoria - rilevano - bisogna enunciare le ragioni per cui l’inferenza è giustificata rispetto al caso concreto. In caso contrario si pretende di trasformare una regola probabilistica generale in regola di inferenza adeguata al caso pratico senza offrire - concludono - alcuna motivazione.
    Fonte: laStampa.it


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