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Mediazione obbligatoria e azioni reali: la parola alla Consulta
Con l'ordinanza 18 novembre 2011, n. 4574 la Terza Sezione Civile del Tribunale di Genova ha rimesso al vaglio della Corte Costituzionale l'art. 5 del D.Lgs. 28/2010 (che ha introdotto il procedimento obbligatorio di mediazione quale condizione di procedibilità per alcune materie).L'ordinanza non si limita a ribadire alcune osservazioni già sollevate da un’altra precedente, ma si caratterizza per aver approfondito la questione della legittimità costituzionale del procedimento di mediazione sotto profili direttamente operativi, con particolare riguardo alla materia dei diritti reali.Il casoInsorge controversia tra due privati ed un condominio con riferimento ad una servitù di passaggio pedonale a favore dei primi e gravante sulla proprietà comune per l'accesso alla sottostante scogliera.Gli attori propongono la loro azione confessoria servitutis con il procedimento sommario ex art. 702 bis c.p.c. Il giudice, rilevato che la materia è ricompresa tra quelle per cui è previsto il procedimento di mediazione obbligatoria, sottopone alle parti la necessità di sospendere il giudizio per consentirne lo svolgimento. I legali di parte attrice sottopongono al Giudice l'incostituzionalità della norma in questione: 1) sotto il profilo della compatibilità del procedimento di mediazione (avente di per sé funzione deflattiva) con la funzione del procedimento sommario di cognizione, avente già, a sua volta, funzione deflattiva; 2) sotto il profilo della impossibilità di avvalersi del fondamentale sistema di tutela dei diritti stabilito dal codice civile attraverso la trascrizione delle domande giudiziali aventi ad oggetto immobili, che consente di rendere opponibile la sentenza ai terzi che, nelle more del giudizio, acquistino diritti sul bene in pregiudizio della pronuncia definitiva; 3) sotto altri profili, già noti ed oggetto di altra ordinanza di rimessione (ad es. Tar Lazio, Sez. I) relativamente alla compatibilità tra obbligatorietà ed onerosità della mediazione.Il ragionamento saliente dell'ordinanza pare in ogni caso quello relativo al mancato coordinamento tra introduzione della mediazione obbligatoria ed istituto della trascrizione delle domande giudiziali. Il profilo pare essere stato, a sommesso parere di chi scrive, totalmente (e colpevolmente) trascurato, se non ignorato, dal legislatore. E tale atteggiamento appare criticabile, dal momento che la trascrizione delle domande giudiziali è stata introdotta nel codice civile per assicurare l'effettività della pronuncia giurisdizionale, posto che nella materia dei diritti reali l'opponibilità ai terzi di qualunque atto o provvedimento è condizionata all'adempimento dell'onere di pubblicità.In particolare, non essendo prevista la trascrizione dell'istanza di mediazione (ed essendo tra l'altro esclusa dalla legge quella del provvedimento conciliativo), chi agisce in giudizio a tutela di un suo diritto reale deve comunque trascrivere la domanda giurisdizionale, a meno che non voglia sottoporsi al rischio di non poter opporre la sentenza definitiva a terzi che, nelle more del giudizio, trascrivano atti sull'immobile.Ma la trascrizione della domanda non avrà comunque alcun effetto qualora la mediazione abbia buon fine, poiché detta trascrizione ha effetto prenotativo unicamente nei confronti della sentenza (artt. 2652 e 2653 c.c.; e non del verbale di conciliazione, ammesso che tale atto venga rinnovato davanti al notaio, come – con espressione palesemente non perspicua – prevede l'art. 11 comma 3 D.Lgs. 28/2010 qualora le parti intendano trascriverlo), sicché l'unico sistema di tutelarsi nei confronti di atti pregiudizievoli posti in essere in pendenza del giudizio da terzi (magari non senza dolosa preordinazione con il convenuto) e comunque di ottenere un titolo per la trascrizione è quello di arrivare comunque alla sentenza definitiva (quid iuris nel caso di esito positivo della mediazione, dal momento che il raggiungimento dell'accordo transattivo dovrebbe altresì comportare la cessazione della materia del contendere...? occorre far comunque fallire la mediazione ed accollarsi l'onere delle sanzioni previste dall'art. 13 del D.Lgs. 28/2010?).Ed è proprio nell'esposizione dell'attore (in questa materia) al rischio di non potersi giovare di tale fondamentale strumento per garantire l'effettività della tutela giurisdizionale che il giudice ha rinvenuto la violazione al diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost.Ulteriore interessante annotazione sta nella questione (sollevata d'ufficio dal Giudice nell'ordinanza ed emersa nel corso della discussione orale dell'eccezione) della mancanza di uniformità di trattamento, ossia nella sottoposizione a mediazione obbligatoria di alcune domande giudiziali e non di altre, nonostante l'assoluta affinità di effetti perseguiti (per usare un termine processualistico, l'identità del petitum, nonostante la diversa causa petendi). Si pensi, ad esempio all'identità di fine dell'azione di rivendicazione di un bene immobile (azione reale e quindi sottoposta a mediazione obbligatoria) e dell'azione di nullità di un contratto di vendita di un bene immobile (azione contrattuale e quindi non sottoposta a mediazione obbligatoria). Entrambe hanno infatti la medesima finalità recuperatoria di un bene la cui proprietà non è mai (o almeno mai validamente) passata ad un altro soggetto, onde appare altamente irragionevole una disparità di trattamento delle due situazioni.
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