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  • Illegittimità della domanda di condono edilizio e abuso d’ufficio

    Con la sentenza 17 novembre 2011, n. 42415 la Corte di Cassazione interviene nuovamente in tema di abuso d’ufficio, evidenziando i requisiti normativi necessari in tema di condono edilizio.
    Nel caso di specie  il Giudice per la udienza preliminare del Tribunale di Lanciano ha dichiarato di non doversi procedere perché il fatto non sussiste a carico di due dipendenti comunali – un dirigente del settore urbanistico e il responsabile unico del procedimento – per il reato di abuso di ufficio.
    I due imputati avevano illegittimamente accolto una domanda di condono, procurando un ingiusto vantaggio al richiedente. Il Giudice, tuttavia, ha rilevato che non era stato emesso nessun provvedimento in merito, ma soltanto la determinazione delle somme dovute per il condono.  Inoltre, il Giudice ha evidenziato che l’istanza era accoglibile.
    Contro la sentenza il procuratore della Repubblica ha proposto ricorso per cassazione per difetto di motivazione e violazione della legge. Gli Ermellini accolgono il ricorso, ponendo in evidenza il formarsi del condono anche in assenza di un provvedimento espresso. Al riguardo,  il fatto che non sia stato adottato alcun provvedimento formale non ha incidenza sul perfezionamento del condono che avviene tacitamente per il silenzio assenso ex art. 32, comma 37, Legge 269/2003, purché sussistano i requisiti normativamente richiesti per ottenere la sanatoria, in seguito al pagamento integrale dell’oblazione, al versamento degli oneri accessori, al perfezionamento delle altre condizioni inserite dalla norma unitamente al decorso del termine di due anni dalla presentazione della domanda senza l’adozione di provvedimenti negativi da parte del Comune.
    Nell’ipotesi in esame – si legge nella sentenza – risulta accertato che i due imputati non abbiano rilasciato alcun atto formale, ma in ogni caso hanno posto in essere un tassello della sequenza procedimentale che avrebbe potuto sfociare  in una indebita sanatoria di opere, all’evidenza non condonabili perché non riguardavano manufatti ad uso abitativo. Sarebbe stato compito dei due imputati rilevare immediatamente  la carenza dei requisiti per la sanatoria con conseguente inammissibilità della domanda di condono.
    Al contrario, secondo i giudici di Piazza Cavour,  i due imputati, con il loro comportamento, hanno posto in essere una violazione di legge , facendo sorgere un qualificato sospetto e potendo costituire un indizio significativo del fine di far conseguire un indebito vantaggio patrimoniale del richiedente la sanatoria.
    Dato che quest’ultimo aspetto  non è stato esaminato  sulla base dell’errato presupposto della condonabilità dell’intervento, la Cassazione ha ritenuto di annullare il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale per un nuovo esame della conclusione del Giudice, secondo cui le emergenze acquisite non potevano essere consolidate nell'ulteriore corso di giustizia e che il caso non richiedeva l'approfondimento ed il vaglio della fase dibattimentale.


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