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I pubblicitari web col Garante "Norme Ue frenano il mercato"
Il garante per la Privacy Francesco Pizzetti critica il nuovo regolamento europeo in materia di protezione dei dati approvato la settimana scorsa, il cui recepimento è previsto in Italia per il 2014, e l'industria della pubblicità digitale e del commercio su internet si schiera al suo fianco. Assocomunicazione, Fcp (la federazione delle concessionarie pubblicitarie), Iab Italia (la sezione nazionale dell'Internet advertising bureau) con una nota plaudono all'intervento di Pizzetti. Al centro della discussione il regolamento europeo che propone una riforma globale della normativa Ue del 1995 in materia di protezione dei dati, nell'intento di rafforzare i diritti della privacy online e porre fine all'attuale frammentazione.
Le associazioni di categoria sono concordi con il Garante sull'eccessiva rigidità del testo approvato, seppur frutto di una maturata esperienza, perché vedono concreti rischi di rallentare lo sviluppo del mercato digitale europeo, settore che riveste oggi una grande rilevanza per la crescita economica e sociale a livello mondiale.
Il tema sensibile è la tutela della privacy degli utenti e le due possibili impostazioni, opt-in e opt-out. Nel primo caso, più restrittivo, a fini pubblicitari e di commercio elettronico sarebbero permessi solo gli utilizzi dei dati di navigazione che l'utente abbia approvato, nel secondo tutti quelli che non abbia escluso.
"Introdurre in Italia l'opt-in", affermano le associazioni di categoria, "porrebbe inevitabilmente il nostro Paese in una posizione di svantaggio rispetto ai molti Paesi europei che hanno scelto la strada dell'opt-out, lasciando agli utenti la piena libertà e consapevolezza della gestione della propria navigazione. Ci si troverebbe infatti di fronte ad un'Europa con uno sviluppo digitale a due velocità: da una parte l'Europa che investe nel digitale e nelle infrastrutture di banda larga, con delle regole per la gestione della Rete non rigide ma sicure e flessibili e dall'altra, un'Europa - quella di cui farebbe parte l'Italia - che di fatto rallenta la crescita del digitale come fattore abilitante per la ripresa economica. Una scelta di questo tipo rappresenterebbe un grosso freno per il nostro Paese, soprattutto per quanto riguarda gli investimenti dei grandi player, che prediligerebbero indubbiamente Paesi con regimi meno duri".http://www.repubblica.it/tecnologia/2012/01/30/news/iab-29014251/?ref=HREC2-29

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