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L’imprenditore fallito non commette reato di omesso versamento dei contributi
Non versare i contributi e gli stipendi ai propri dipendenti non è più reato per l’imprenditore che vive una situazione di grave dissesto finanziario destinato a concludersi con il fallimento dell’azienda. Questo, in sostanza, il principio che si desume dalla sentenza n. 29616, depositata dalla Corte di Cassazione in data 25 luglio 2011 e con la quale i Supremi giudici hanno annullato con rinvio la misura inflitta ad un imprenditore bresciano, condannato per non aver pagato i contributi e gli stipendi dei propri dipendenti in un particolare momento della vita aziendale.La Cassazione ha accolto la tesi difensiva dell’imprenditore secondo cui, a causa del suo stato di insolvenza, l’uomo non era stato nella condizione di pagare i lavoratori e aveva “corroborato la sua deduzione asserendo che la società era fallita e i dipendenti si erano insinuati nel passivo fallimentare”.La questione ha aperto un dibattito tra quanti sostengono (Corte d’appello di Brescia) che l’imprenditore, non fallito personalmente, avrebbe potuto provvedere personalmente alle spese a favore dei suoi dipendenti e gli Ermellini che, invece, ricordano che il reato di omissione contributiva “è una forma particolare di appropriazione indebita e, di conseguenza, per il suo perfezionamento, è necessaria l'effettiva corresponsione della retribuzione ai dipendenti”.Al momento, la sentenza impugnata è stata annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Brescia che dovrà stabilire definitivamente se la crisi dell'azienda ha impedito al suo titolare di versare i contributi e gli stipendi ai dipendenti.

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