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Il fisco chiama le banche a concordare
I casi «Credem» e «Bpm» faranno scuola e assicureranno all' Erario «un recupero abbastanza interessante». Il giorno dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia che ha bocciato il ricorso del Credito Emiliano della famiglia Maramotti contro un accertamento multimilionario e quello in cui il cda del Banco popolare di Milano ha dato mandato al presidente Massimo Ponzellini di avviare una transazione con il Fisco per ovviare a un'analoga contestazione, il direttore dell'agenzia delle Entrate, Attilio Befera, si dice più che soddisfatto. «Posso solo dire hip hurrà», ha scherzato a Bergamo a margine del convegno annuale tra agenzia delle Entrate e Codis, rivendicando il «buon lavoro» svolto dall'amministrazione. «Quella della Ctp di Reggio Emilia è una sentenza molto importante», ha aggiunto Befera. «Ora aspettiamo le banche e siamo aperti ad accordi che chiudano il contenzioso, sulla scia di quanto deciso dalla Bpm. Comunque, se ci sono situazioni di evasione, l'obiettivo non è semplicemente di tosare la pecora ma anche di non farla morire».
L'offensiva è ad ampio raggio e investe numerose banche italiane – ma anche compagnie assicurative e imprese non finanziarie – che tra il 2004 e il 2008 hanno realizzato operazioni "internazionali" per ottenere indebiti risparmi fiscali attraverso pratiche elusive e abusi del diritto.Nel mirino delle Entrate sarebbero finite oltre a Credem e a Bpm anche i big del settore bancario, da Intesa Sanpaolo a Unicredit a Monte dei paschi. Su «Brontos», una delle operazioni contestate dal Fisco, proposta a Unicredit e Intesa Sanpaolo da Barclays, sta indagando – come riferito in serata dall'Ansa – la Procura di Milano. Dall'Abi (l'Associazione bancaria italiana) non sono arrivati per ore commenti ufficiali sulla vicenda.Il recupero di evasione potrebbe aggirarsi sul miliardo di euro, in funzione di un imponibile sottratto a tassazione per complessivi 3-4 miliardi. I profili degli accertamenti che l'amministrazione sta conducendo sono ovviamente complessi. Ma a far scattare l'allarme fra gli ispettori del Fisco potrebbe essere stata la semplice "rilevanza" delle ritenute e dei crediti d'imposta esteri portati in detrazione in sede di dichiarazione dei redditi.
L'Agenzia contesta, tra l'altro, la violazione degli articoli 109 e 165 del Tuir, attraverso operazioni finanziarie sofisticate che non avevano altra valida ragione economica se non quella di conseguire risparmi d'imposta.L'articolo 165 disciplina i crediti d'imposta per i redditi prodotti all'estero. È palese per l'Agenzia (ora anche per la Ctp di Reggio Emilia) che non si possono ottenere in Italia crediti d'imposta se non si è prodotto un reddito nel paese straniero (per esempio, acquisendo titoli brasiliani con strumenti finanziari i cui costi pareggiano i ricavi e dunque senza che ci sia una reale plusvalenza tassabile) ovvero senza pagare effettivamente le imposte oltreconfine. Così come, sul fronte dell'articolo 109, comma 8 non è corretto portare in deduzione i costi sostenuti per acquisire in forma succedanea strumenti finanziari che danno dividendi, essendo questi ultimi esclusi da tassazione al 95 per cento.
Fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2010-12-02/fisco-chiama-banche-concordare-064523.shtml?uuid=AYTePNoC

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