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Il semplice possesso di un grande studio non sempre obbliga il professionista al pagamento dell'Irap
Il semplice possesso di uno studio da parte di un professionista non costituisce bene strumentale eccedente il minimo e diconseguenzanonrappresenta una condizione sufficiente per determinare l'assoggettamento all'Irap. In ogni caso sono i giudici di merito che devono accertare, di volta in volta, se lo studio, perlasuaubicazioneedimensione, possa essere considerato valore di bene strumentale minimale o meno. Ad affermare questo principio è stata la Corte di cassazione con l'ordinanza n. 23155 depositata il 16novembre.
La pronuncia tra e origine dal ricorso per cassazione di un avvocato il quale impugnava la sentenza della Ctr che aveva ritenuto il possesso dello studio un elemento sufficiente per assoggettare a Irap. In particolare, i giudici di secondo grado evidenziavano che unapur minima struttura organizzativa, costituita da uno studio di 100 metri quadri, accresceva certamente la capacità diguadagno del lavoratore autonomo e costituiva presupposto per l'applicazione dell'imposta. La Cassazione, invece, ha accolto il ricorso del contribuente. La corte ha ritenuto giuridicamente errata l'affermazione della Ctr nella parte in cui ha reputato sussistere una pur minima struttura organizzata costituita appunto dal possesso dello studio, distinto dall'abitazione, di 100 metri quadri.La Cassazione ha ricordato come, invece, i presupposti dell'Irap siano costituiti dal possesso di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l'esercizio della professione ovvero dall'avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui. Sarà ora un'altra sezione della stessa Ctr che dovrà accertare se lo studio dell'avvocato, per la sua ubicazioneedimensioni, possaessere considerato valore di bene strumentale minimale. L'ordinanzaèparticolarmente interessante anche perché ha rigettato il primo motivo di ricorso con il quale il contribuente aveva invocato l'applicazione del giudicato esterno in quanto la Ctp, decidendo sulla medesima situazione, ma riferita ad annualità diversa, aveva ritenuto l'insussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'Irap. La Cassazione ha rigettato questo motivo perché dall'esame della sentenza - dedotta come giudicato - non risultavano gli elementi fattuali dell'autonoma organizzazione sulla quale essa si fondava e pertanto non si poteva ritenere che essi fossero gli stessi valutati dalla Ctr nella sentenza impugnata.Con un'altra ordinanza del 16 novembrela n. 23156, la Cassazione ha, invece, capovolto l'esito dei due gradi di merito che avevano dato ragione al contribuente in materia di parametri. Nel caso esaminato un contribuente riteneva di aver dimostrato l'insussistenza dei maggiori compensi addebitatigli attraverso i parametri, producendo copia delle fatture emesse nel periodo di imposta oggetto di rettifica nonché un registro delle presenze da cui era possibile presumere le ore lavorate e quindi la resa oraria.Per i giudici di legittimità queste circostanze sono inidonee al superamento dei maggiori compensi derivanti dall'applicazione dei parametri, in quanto generiche e privediconcreti riferimenti a specifiche fonti probatorie.
Fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2010-11-17/grande-studio-sempre-obbliga-082553.shtml?uuid=AY6n9IkC

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