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  • Ancora sull'amministratore di condominio in giudizio: la Cassazione ci ripensa

    Fonte: http://www.altalex.com   
    Poco tempo fa il contrasto giurisprudenziale in materia di legittimazione processuale passiva dell’amministratore di condominio sembrava essere risolto (cfr. sul punto Cass. 6 agosto 2010, n. 18331, secondo cui la legittimazione processuale dell’amministratore a stare in giudizio ha dei limiti).

    E ora che succede? La Corte sembra averci ripensato un’altra volta.

    Con la sentenza 10 novembre 2010, n. 22886 i giudici della Suprema Corte, sezione seconda, infatti, hanno stabilito che “nessuna limitazione sussiste in relazione alla legittimazione dal lato passivo dell’amministratore per qualsiasi azione anche di natura reale, promossa contro il condominio, da terzi (o anche dal singolo condomino) in ordine alle parti comuni dell’edificio”.


    Nella sentenza in commento la Corte, richiamando espressamente un precedente della stessa giurisprudenza (Cfr. Cass. 9093/2007) aggiunge che “la legittimazione passiva, ex art. 1131 c.c., secondo comma, non incontra limiti e sussiste anche in riferimento all’interposizione di qualsiasi mezzo di gravame che eventualmente possa rendersi necessario in relazione ad ogni tipo di azione (reale o possessoria che sia) promossa nei confronti del condominio da terzi oppure da un singolo condomino”.

    La Cassazione ha deciso il ricorso con cui era stata censurata la sentenza impugnata per la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini (assumendo che l’amministratore di condominio non poteva autonomamente resistere in giudizio ex artt. 1130 e 1131 c.c., all’azione di rivendicazione promossa nei confronti del condominio) respingendo tale doglianza.

    Appare, pertanto, chiaro il contrasto con la sentenza citata in apertura di commento (Cass. 18331/2010), secondo la quale l’amministratore del condominio, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 1131, secondo e terzo comma, può anche costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza previa autorizzazione da parte dell’assemblea; in un simile caso, però, dovrà ottenere la ratifica del suo operato dall’assemblea al fine di evitare la pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione o impugnazione.

    Il nodo centrale della soluzione accolta dalla sopra menzionata sentenza afferiva sostanzialmente alla necessità o meno dell’amministratore di condominio di premunirsi di una delibera assembleare al fine di resistere validamente in giudizio; questione che è stata risolta con la ritenuta necessità di una preventiva deliberazione autorizzatoria in giudizio, oppure, in mancanza, di una successiva ratifica.

    Ovvia a questo punto la dissonanza tra gli orientamenti giurisprudenziali con ripercussioni nelle aule di giustizia (e non solo) a causa di tale repentino ripensamento della Cassazione.

    Sarebbe auspicabile ed urgente, quindi, un intervento legislativo chiarificatore mediante opportuna ed idonea norma interpretativa.

    (Altalex, 29 novembre 2010. Nota di Manuela Rinaldi)


    SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
    SEZIONE II CIVILE
    Sentenza 5 ottobre - 10 novembre 2010, n. 22886

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