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Il difensore può non accettare una causa che prevede di perdere
Siamo di nuovo alle prese con una sentenza che ha condannato, per responsabilità professionale, un avvocato al risarcimento dei danni, in favore del cliente, stante che il legale non si era preso cura di promuovere alcuna azione a sostegno dello stesso cliente, ritenendo che si trattava di una causa persa, infatti il cliente aveva acquistato un autoveicolo da una persona che non era la proprietaria dell’auto, per cui l’acquirente ne aveva subito l’evizione.
Sia in primo che in secondo grado, l’avvocato e la propria Compagnia Assicuratrice erano stati condannati a pagare al cliente una somma a titolo di risarcimento dei danni per responsabilità professionale. Avverso la pronuncia di appello, l’assicuratore ha promosso ricorso per Cassazione. Con la Sentenza n. 15717/2010, la Corte ha rigettato il ricorso. Il ricorrente ha lamentato la motivazione insufficiente e contraddittoria, nella parte in cui il giudice del merito aveva ritenuto sussistere il nesso causale tra la negligenza dell’avvocato , che non aveva svolto alcuna attività difensiva in favore del proprio cliente, omettendo di considerare che la causa era perduta in partenza, non avendo il cliente alcuna possibilità di difesa. La motivazione del giudice, secondo cui il difensore avrebbe potuto indurre il cliente a trovare una soluzione transattiva, sarebbe insufficiente, ad avviso del ricorrente, in quanto il difensore non ha l’obbligo di transigere. Il giudice del merito avrebbe poi affermato, senza alcuna prova, che il mancato interessamento da parte del difensore avrebbe fatto lievitare il danno per una considerevole somma. Al contrario, ha sostenuto il ricorrente, il mancato svolgimento dell’attività di difesa non avrebbe allungato i tempi del processo, ma li avrebbe abbreviati. La Corte ha osservato che è indubbio che, anche e soprattutto con riferimento alle così dette “cause perse” l’attività del difensore, se bene svolta, può essere preziosa, al fine di limitare o di escludere il pregiudizio insito nella posizione del cliente. Il difensore può non accettare una causa che prevede di perdere, ma non può accettarla e poi disinteressarsene del tutto, con il pretesto che si tratta di causa persa. Infatti, con un tale comportamento il difensore espone il cliente all’incremento del pregiudizio iniziale, se non altro a causa delle spese processuali a cui va incontro, per la propria difesa e per quella della controparte. Sarebbe stato onere dell’avvocato attivarsi per trovare una soluzione transattivi e tale comportamento è da ritenere allorquando si accetta di difendere una causa difficile e rischiosa per il proprio assistito. La Corte ha concluso con una affermazione “pesante”, ovvero che la colpa del difensore appare macroscopica e il danno, in gran, parte in re ipsa. … e costoro si definiscono con presunzione “avvocati”. “Narrami il fatto e ti darò il diritto” si diceva nella Roma antica. Grandi giuristi. Non è una laurea in discipline giuridiche, l’abilitazione conseguita e l’iscrizione all’Ordine Forense che fanno un “avvocato”.
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