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  • I "tagli" alla scuola non devono penalizzare il diritto all'istruzione e all'integrazione del disabile

    Secondo la Sesta Sezione del Consiglio di Stato (2230/10), il diritto all’istruzione, all’educazione e all’integrazione scolastica è un diritto pieno, non suscettibile di affievolimento neanche di fronte alle esigenze di organico e di bilancio dello Stato. Non sussiste, secondo il Collegio, un potere amministrativo discrezionale al riguardo, in quanto diritto fondato sugli articoli 2, 3, comma 2, 34, comma 1, e 38, commi 3 e 4, della Costituzione, su quanto stabilito dalla legge n. 104 del 1992, nelle sue finalità (art. 1) e con l’affermazione del diritto della persona handicappata alle prestazioni previste in suo favore (art. 3) ed all’educazione e all’istruzione (art. 12). Tutto ciò alla luce degli obbiettivi di formazione e di integrazione degli alunni handicappati nella classe e nel gruppo individuati nel d.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 (“Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art. 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59”). In relazione a queste finalità l’art. 40 comma 1 della legge n. 449 del 1997, per assicurare interventi adeguati al tipo e alla gravità dell’handicap, prevede la più ampia flessibilità organizzativa e funzionale delle classi ed il ricorso all’assunzione di insegnanti di sostegno con contratti a tempo determinato in deroga al rapporto docenti-alunni di cui al comma 3 dello stesso articolo. Dal quadro normativo risulta in sintesi: la qualificazione del diritto all’istruzione del disabile, e in particolare del disabile grave, quale diritto fondamentale; l’individuazione in questo ambito di un “nucleo indefettibile” di garanzie perché tale diritto sia realizzato, pur stante la discrezionalità del legislatore nella individuazione delle relative misure. Di conseguenza, obbiettivo primario è quello della massima tutela possibile del diritto del disabile grave all’istruzione ed all’integrazione nella classe e nel gruppo, fino alla previsione di un’ora di sostegno per ogni ora di frequenza, ma non è di per sé illegittimo un intervento minore, purché non sia scalfito il nucleo indefettibile del diritto, se motivato dall’analisi accurata della situazione specifica nel quadro di ragioni e vincoli oggettivi. In sostanza, alla luce della normativa vigente è chiaro che l’insegnante di sostegno, una volta assegnato, assume la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui opera, e partecipa alla programmazione educativa e didattica al pari degli altri docenti, sicché è da escludersi che la designazione dell’insegnante di sostegno sia destinata in via esclusiva ad una specifica docenza di un alunno individuato.
    Fonte: lastampa.it


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