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Assicurazione professionale: attenzione alle clausole claims made! Tribunale Milano, sez. V civile, sentenza 18.03.2010 n° 3527
In passato, la dottrina giuridica nutriva forti perplessità sulla possibilità di estendere alle professioni liberali il sistema assicurativo della responsabilità professionale.
Nello specifico, la principale difficoltà giuridica allinserimento della responsabilità professionale nellarchitettura del meccanismo assicurativo come disciplinato dal Codice Civile era ravvisata nella nozione di sinistro rilevante ai fini dellart. 1917, c. 1, c.c., con particolare riferimento allespressione fatto accaduto durante il periodo di assicurazione.
Infatti, la dottrina maggioritaria e la giurisprudenza identificavano, e identificano tuttora, il sinistro nel fatto dellassicurato, ossia nel suo comportamento attivo od omissivo generativo della responsabilità.
Una simile impostazione, effettivamente, ha creato notevoli difficoltà nella costruzione dei contratti assicurativi della responsabilità professionale, atteso che, in questambito, i danni subiti dalla parte lesa (paziente, ma anche cliente di un avvocato o un notaio per esempio) assumono spesso natura lungolatente, sono caratterizzati cioè dal fatto di divenire percepibili per il soggetto danneggiato in tempi anche molto successivi rispetto al momento in cui si verifica la condotta illecita che li determina.
In considerazione dellopzione ricostruttiva maggioritaria sopra richiamata, i primi contratti assicurativi della responsabilità professionale sono stati costruiti sulla formula loss occurance: essi cioè garantivano la copertura del rischio in relazione ai fatti e comportamento dellassicurato verificatisi durante la vigenza del contratto, a prescindere dal momento in cui il danneggiato, percepito il danno, avanzi richiesta risarcitoria.
Il ricorso a tale formula garantisce senza dubbio una copertura completa anche nei confronti delle domande risarcitorie late-reported, ossia presentate a contratto scaduto. Di contro, però, le polizze strutturate su questo schema risultavano molto onerose, considerato nellingente rischio assunto dallassicuratore. Ne è derivata la previsione di livelli bassissimi di massimale assicurato associati a premi assicurativi di esoso importo.
Per ovviare agli svantaggi economici legati alla formula loss occurance, le compagnie assicuratrici hanno elaborato una nuova struttura di contratto assicurativo, fondato sul ricorso alle clausole c.d. claims made.
Con la clausola claims made (letteralmente a richiesta fatta), assicuratore e assicurato pervengono ad una definizione convenzionale della nozione di sinistro rilevante ai fini dellart. 1917, c. 1 c.c., che è fatta coincidere con la richiesta di risarcimento del danno avanzata dal terzo e non più, dunque, col comportamento del danneggiante-assicurato generativo della responsabilità.
Lapplicazione di una simile opzione, il rischio assunto dallassicuratore risulta più circoscritto nel tempo, con conseguente vantaggio sotto il profilo dei costi di polizza.
Per converso, però, occorre segnalare che polizze strutturate sulle claims made nascondono pericolose insidie per lassicurato, in quanto egli rischia di vedersi recapitare la richiesta di risarcimento in unepoca in cui non gode più della copertura assicurativa.
Il professionista, dunque, deve curare con particolare attenzione il rapporto assicurativo, garantendone la continuità attraverso regolari rinnovi annuali, accertandosi inoltre che, in sede di rinnovo, non venga fatta avanzare la c.d. retroactive date, ossia la data iniziale della copertura assicurativa. In caso di cessazione del rapporto assicurativo, poi, si rende necessaria la stipula di apposite polizza integrative c.d. tail-coverage, precipuamente rivolte a coprire i periodi successivi alla fine del rapporto contrattuale.
Nella sentenza in esame lassicurato, nella specie unazienda ospedaliera convenuta in un giudizio di responsabilità per colpa medica, è incappata proprio in una delle insidie a cui si è appena fatto cenno.
Nello specifico, lazienda convenuta si è vista rigettare la domanda di garanzia rivolta allimpresa di assicurazione proprio in quanto, nonostante lerrore medico fosse stato commesso durante il periodo di operatività della copertura assicurativa, il terzo danneggiato aveva formulato la propria richiesta risarcitoria in unepoca in cui il rapporto assicurativo era ormai cessato.
Il Tribunale di Milano, con loccasione, affronta la questione della liceità e legittimità delle clausole claims made, sulla quale si era già espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 5624/2005.
Lassunto di parte è rappresentato dalla nozione di sinistro data dallart. 1917 co. 1 c.c. che, ad avviso della Suprema Corte ed anche del Giudice Milanese, si identifica con il fatto accaduto durante il tempo dellassicurazione e non nella richiesta da parte del danneggiato .
Partendo da questa premessa, i Giudici di piazza Cavour erano giunti a ritenere pienamente legittima la clausole claims made, atta a limitare la copertura assicurativa ai sinistri denunciati nel corso della vigenza contrattuale, ritenendo che essa non rientri nella fattispecie tipizzata dal legislatore, ma integra un contratto atipico pienamente lecito .
In altri termini, la clausola in oggetto introduce una deroga alla nozione di sinistro dettata dallart. 1917 co. 1 c.c. che è pienamente lecita in quanto non si tratta di una norma cogente. Una simile deroga, però, vale a modificare la struttura del contratto, a tal punto da doversi parlare di una figura contrattuale atipica, benché lecita in quanto rivolta alla realizzazione di un interesse meritevole di tutela (art. 1322 c.c.). La modifica, peraltro, che si risolve in una vera e propria limitazione della responsabilità a carico dellassicuratore predisponente, determina la natura vessatoria della clausola, sicché per la sua efficacia è necessaria la specifica sottoscrizione da parte dellassicurato.
Ebbene, la ricostruzione giuridica operata dagli Ermellini non convince appieno il giudice milanese, il quale, pur concordando sulla piena liceità e legittimità della deroga che la clausola claims made determina sullart. 1917 c.c., sostiene che tale deroga non comporti alcun mutamento della struttura contrattuale e non configura, pertanto, alcun contratto atipico.
In punto di diritto, viene acutamente osservato che si può parlare di contratto atipico solo quanto lo schema negoziale realizzato dalle parti non sia riconducibile alle figure tipizzate dallordinamento. Non è sufficiente che le parti introducano una qualsiasi deroga alle norme che disciplinano la fattispecie codificata, che peraltro sono per la gran parte di natura dispositiva e non cogente, per realizzare una figura contrattuale atipica, ma occorre verificare se la deroga convenzionale incida significativamente sullo schema negoziale determinandone una deviazione.
La clausola claims made non incide sugli elementi tipici del contratto di assicurazione, perché non elimina né modifica la natura aleatoria del contratto. Tanto più che la clausola in questione non modifica loggetto della garanzia, che continua ad essere rappresentato dal fatto illecito dedotto in polizza, limitandosi semplicemente a condizionarne loperatività alla circostanza che il danneggiato avanzi la relativa richiesta di risarcimento.
Lopzione ricostruttiva proposta dal Tribunale di Milano, che è pienamente condivisibile sul piano logico e giuridico, è funzionale ad escludere in nuce ogni questione legata alla validità/nullità della clausola e dellintero contratto e, in un angolo prospettico di più ampio respiro, vale ad aggiungere un ulteriore tassello allopera di definizione ed assestamento della materia della responsabilità professionale anche sotto il profilo dei meccanismi di copertura assicurativa del rischio.
Tribunale di Milano
Sezione V Civile
Sentenza 18 marzo 2010, n. 3527
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MILANO
QUINTA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del giudice unico Dott. DAMIANO SPERA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
n. 3527/2010
(pubblicata il 18.3.2010)
nella causa civile di I Grado iscritta al N. 85946/2005 R.G. promossa da:
R. C. (C.F. omissis ), rappresentato e difeso dallavvocato DI GIUSEPPE ANTONIO, nonché dallavvocato FERRARI MAURIZIO
ATTORE
contro:
AZ. OSPEDALIERA FATEBENEFRATELLI E OFTALMICO, rappresentata e difesa dallavvocato DE PASCALE DARIO
CONVENUTA
FONDIARIA SPA (C.F. 00818570012), rappresentata e difesa dallavvocato PENCO FELICE
TERZA CHIAMATA
CONCLUSIONI
Per lattore: vedi foglio n. 2;
Per la convenuta: vedi foglio n. 3-4;
Per la terza chiamata: vedi foglio n. 5-6;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato, C. R. conveniva in giudizio lAzienda Ospedaliera Fatebenefratelli e Oftalmico al fine di sentirla condannare al risarcimento di tutti i danni subiti, quantificati in complessivi Euro 47.687,00 o in quella diversa misura ritenuta di giustizia, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, per effetto dellintervento chirurgico dell11.03.03.
Si costituiva la convenuta, la quale concludeva, in via principale, per il rigetto della domanda e, in via subordinata, previa chiamata in garanzia della propria compagnia assicuratrice, Fondiaria S.A.I., chiedeva la condanna di questultima al risarcimento del danno subito dallattore, ai sensi dellart. 1917, II comma, c.p.c..
Si costituiva la terza chiamata, la quale eccepiva linoperatività e/o inefficacia della polizza assicurativa di Responsabilità civile verso terzi e/o prestatori dopera e concludeva, in via principale, per il rigetto delle domande svolte nei suoi confronti; in via subordinata, per la declaratoria di inammissibilità della domanda della convenuta relativamente allobbligo di garanzia ex art. 1917 cpv. c.p.c..
Il G.I. ammetteva parzialmente le prove dedotte dalle parti e disponeva consulenza tecnica dufficio.
Allesito dellistruttoria, le parti precisavano le conclusioni come in epigrafe trascritte; disposto lo scambio delle sole comparse conclusionali, alludienza di discussione del 27.01.2010, la causa veniva assegnata in decisione, ai sensi dell'art. 281 quinquies cpv. c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritiene il Tribunale che la domanda proposta dallattore meriti accoglimento.
Infatti, dai documenti prodotti, dall'espletata istruttoria e dalla consulenza tecnica dufficio, risulta provato:
- che, in data 11.03.03, lattore veniva sottoposto ad intervento chirurgico presso lAzienda Ospedaliera convenuta a causa della lombosciatalgia destra lamentata nonostante le cure farmacologiche;
- che, in data 14.03.03, veniva sottoposto ad un secondo intervento chirurgico, a fronte del peggioramento della capacità di flessione dorsale e plantare del piede destro mostrato dopo il primo intervento;
- che, come accertato dal C.T.U., durante il primo citato intervento (non di speciale difficoltà ex art. 2236 c.c.) si verificavano incongruità tecniche che configurano comportamenti sanitari imperiti;
- che, come altresì accertato dal C.T.U., vi è un nesso eziologico tra il primo intervento dell11.03.03 e i danni subiti dallattore, costituiti dalla paralisi dello sciatico popliteo esterno di destra, con conseguente impossibilità attiva della flessione dorsale del piede destro;
- che, infatti, i sanitari della struttura convenuta, a seguito del notevole sanguinamento del plesso venoso e dello scarso controllo di esso con la coagulazione bipolare, attuavano lemostasi con lapposizione oltre che di Spongostan, anche del prodotto Surgicel con modalità imprecisa e tecnicamente inadeguata;
- che, per leffetto, nellimmediatezza postoperatoria lattore subiva il deficit completo a carico del nervo peroneo e la paralisi della flessione dorsale del piede destro, con evoluzione continua nonostante le persistenti terapie;
- che tale errore ha comportato lo stiramento della radice nervosa di L5 S1, con sofferenza ischemica e degenerazione neurofibrillare;
- che, attualmente, la deambulazione dellattore avviene con evidentissimo steppage e difficoltà nel camminare;
- che il C.T.U. ha accertato un danno biologico permanente pari al 15% e un danno biologico temporaneo di 40 giorni al 100% e di 60 giorni al 50%;
- che non sono prevedibili spese mediche future;
- che questo giudice condivide le conclusioni cui è pervenuto il C.T.U. con metodo corretto ed immune da vizi logici.
Circa il quantum, ritiene il Tribunale che lattore abbia certamente subito il danno biologico e cioè quello derivante da illecito lesivo dellintegrità psico-fisica della persona, che, quale evento interno al fatto lesivo della salute, deve necessariamente esistere in presenza delle accertate lesioni, e che prescinde dal danno correlato alla capacità di produzione del reddito. Ai fini del risarcimento, il danno biologico deve essere considerato in relazione allintegralità dei suoi riflessi pregiudizievoli rispetto a tutte le attività, le situazioni e i rapporti in cui la persona esplica se stessa nella vita propria vita; non soltanto, quindi, con riferimento alla sfera produttiva, ma anche con riferimento alla sfera spirituale, culturale, affettiva, sociale, sportiva, e a ogni altro ambito e modo in cui il soggetto svolge la sua personalità e cioè a tutte le attività realizzatrici della persona umana (così la Corte Costituzionale n. 356/1991; v. altresì Corte Costituzionale n. 184/1986).
Inoltre, recentemente la Cassazione a Sez. Unite (sentenza n. 26972/2008) ha tra laltro ritenuto che, nellambito del danno non patrimoniale, il riferimento a determinati tipi di pregiudizi, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno. E compito del giudice accertare leffettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione. Il giudice anziché procedere alla separata liquidazione del danno morale in termini di una percentuale del danno biologico (procedimento che determina una duplicazione di danno), deve procedere ad unadeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza.
Ebbene, tenuto conto delle accertate invalidità, dell'età (anni 62), delle allegazioni di parte e delle dichiarazioni dei testi escussi in ordine al mutamento della qualità di vita dellattore, ora impossibilitato a svolgere sport, passeggiate e a coltivare lhobby del ballo, dellulteriore disagio subito dallattore per effetto del secondo intervento del 14.03.03, dei criteri tabellari ora adottati da questo Tribunale per la liquidazione del danno biologico e morale, stimasi equo liquidare, per il complessivo risarcimento del danno non patrimoniale permanente da lesione al diritto alla salute, così personalizzato nella misura del 20%, la somma già rivalutata di Euro 40.368,00 e di Euro 8.000,00 per il risarcimento del danno non patrimoniale temporaneo.
Circa la richiesta di risarcimento del danno esistenziale giova inoltre richiamare quanto ritenuto dalla citata sentenza n. 26972/2008: Il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. In particolare, non può farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata danno esistenziale, perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nellatipicità. In definitiva di danno esistenziale come autonoma categoria di danno non è più dato discorrere. In ogni caso, laddove il giudice abbia liquidato il danno biologico e le sofferenze conseguenti non residua spazio per il risarcimento di ulteriori pregiudizi esistenziali, perché tutti già ricompresi in quelli già liquidati, risultando altrimenti certa la duplicazione risarcitoria del medesimo danno.
Pertanto, il danno subito dallattore va liquidato in complessivi Euro 48.368,00 (somma rivalutata ad oggi).
Su tale importo devono essere riconosciuti gli interessi compensativi del danno derivante dal mancato tempestivo godimento dell'equivalente pecuniario del bene perduto.
Gli interessi compensativi - secondo l'ormai consolidato indirizzo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (v. sentenza n. 1712/1995) - decorrono dalla produzione dell'evento di danno sino al tempo della liquidazione; per questo periodo, gli interessi compensativi si possono calcolare applicando un tasso annuo medio ponderato sul danno rivalutato.
Tale tasso di interesse è ottenuto "ponderando" l'interesse legale sulla somma sopra liquidata, che - "devalutata" alla data del fatto illecito, in base agli indici I.S.T.A.T. costo vita - si incrementa mese per mese, mediante gli stessi indici di rivalutazione, sino alla data della presente sentenza.
Da oggi, giorno della liquidazione, all'effettivo saldo decorrono gli interessi legali sulla somma rivalutata.
Pertanto, alla luce degli esposti criteri, la convenuta deve essere condannata al pagamento, in favore dellattore, della complessiva somma di Euro 48.368,00, liquidata in moneta attuale, oltre:
- interessi compensativi, al tasso annuo medio ponderato del 2%, sulla somma di Euro 48.368,00, dal 19.06.03 (data di termine della malattia) ad oggi;
- interessi, al tasso legale, sempre sulla somma di Euro 48.368,00, dalla data della presente sentenza al saldo effettivo.
Le spese della consulenza tecnica dufficio vanno poste a carico della convenuta.
Consegue alla soccombenza la condanna della convenuta a rifondere allattore le spese processuali.
Quanto alle domande proposte dalla convenuta nei confronti della terza chiamata ritiene il Tribunale che debbano essere integralmente rigettate.
La convenuta stipulava con la terza chiamata un contratto di assicurazione per la copertura dei danni derivanti da responsabilità civile professionale in data 01.03.2001.
Loperatività di questa garanzia assicurativa è controversa tra le parti.
Va evidenziato che la polizza contratta dallAzienda Ospedaliera ha efficacia dal 01.03.2001 al 01.12.2003.
La questione sorge in relazione allart. 23 della polizza, a norma del quale: La garanzia esplica la sua operatività per tutte le richieste di risarcimento presentate allAssicurato per la prima volta durante il periodo di efficacia della presente assicurazione.
Va premesso che il trattamento sanitario di cui è causa è stato posto in essere in data 11.03.2003, quindi durante il periodo di vigenza della polizza.
Tuttavia, la richiesta di risarcimento danni perveniva allassicurato soltanto il 29.12.2005, e quindi circa due anni dopo la scadenza della polizza.
Al fine di godere delloperatività della garanzia assicurativa, la parte convenuta ha eccepito la nullità e/o linefficacia della clausola citata, in quanto non espressamente approvata per iscritto ex. art. 1341 cpv c.c., nonché per mancanza di causa e per contrarietà a norma imperativa.
La terza chiamata ha chiesto che fosse accertata la tardività, limproponibilità e/o linammissibilità delleccezione di nullità e fosse dichiarata, invece, la non vessatorietà e lefficacia inter partes della clausola in esame.
Certamente ritiene questo Tribunale che leccezione di nullità della clausola non sia tardiva.
Va rilevato, infatti, che la domanda di parte convenuta è stata proposta nella memoria ex artt. 170/180 c.p.c, in conseguenza delle conclusioni della terza chiamata e, pertanto, tempestivamente e coerentemente con quanto disposto dallart 183 c.p.c..
Inoltre, la mancata specifica approvazione per iscritto delle clausole onerose del contratto indicate nell'art. 1341 cod. civ. ne comporta la nullità, eccepibile da chiunque vi abbia interesse e rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, ivi compresa la fase di legittimità dinanzi alla Corte di cassazione (vedi, da ultimo, Cass. sentenza n. 16394/2009).
Sulle altre eccezioni mosse dalla convenuta, giova premettere che la clausola in esame rientra pacificamente tra quelle c.d. claims made, ossia a richiesta fatta.
Esistono, in materia di assicurazione della responsabilità civile professionale, due diversi schemi contrattuali.
Lo schema tradizionale, c.d. loss occurrence (insorgenza del danno), offre la copertura assicurativa per tutti i rischi dedotti nel contratto, posti in essere nel periodo di vigenza della polizza. Conseguentemente, lassicurato potrà far valere tale copertura assicurativa fino allintegrale decorrenza della prescrizione (nella fattispecie concreta decennale) del diritto del terzo danneggiato al risarcimento del danno.
Il contratto contenente la clausola claims made, invece, offre la copertura assicurativa per le richieste di risarcimento che pervengono allassicurato durante il periodo di vigenza della polizza, indipendentemente sia dal momento in cui si è verificato il rischio dedotto nel contratto, sia dal momento in cui si è prodotto un danno in capo al terzo. Pertanto, la clausola in esame estende loperatività della garanzia assicurativa anche a tutti i fatti colposi posti in essere prima della stipulazione della polizza (nella fattispecie concreta) fino ai dieci anni precedenti (termine di prescrizione entro il quale il terzo potrà proporre una richiesta di risarcimento).
Il contratto di assicurazione della responsabilità civile, contenente una clausola claims made, non rientra nel tenore letterale di cui allart. 1917 primo comma c.c.: l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto.
In particolare, linciso - fatto accaduto durante il tempo dellassicurazione - collega direttamente il sorgere dellobbligo in capo allassicuratore al comportamento colposo posto in essere durante il periodo di vigenza della polizza, e non alla richiesta di risarcimento, come previsto invece dalla clausola in esame.
Pertanto, risulta pacifico che la clausola claims made deroga al primo comma del citato articolo.
Contrariamente a quanto affermato da parte della giurisprudenza, questo Tribunale ritiene che tale deroga sia lecita.
In primo luogo, va osservato che lart. 1932 c.c. dispone linderogabilità della disciplina prevista ai commi terzo e quarto dellart. 1917 c.c.; conseguentemente, il primo comma di questo articolo è certamente derogabile.
In secondo luogo, non merita pregio neppure la tesi secondo cui la disposizione in esame sia da considerarsi implicitamente inderogabile, in quanto norma primaria e imperativa, di immediata applicazione (Tribunale di Casale Monferrato, 25.02.1997; Tribunale di Bologna, 02.10.2002 n. 3318; Tribunale di Genova, 08.04.2008). Occorre infatti evidenziare che linderogabilità prevista dallart. 1932 c.c. opera esclusivamente in senso favorevole allassicurato, e non è neppure sostenibile (come si spiegherà più avanti) la tesi secondo cui la suddetta clausola sarebbe sempre svantaggiosa per lassicurato.
Nella fattispecie in esame, la clausola, quindi, deroga nei termini anzidetti allart. 1917 c.c..
Occorre a questo punto verificare se tale deroga determini o meno latipicità del negozio di assicurazione civile professionale ex art. 1917 c.c., valutando in quali termini la clausola in esame incida sul negozio (tipico) previsto dal legislatore.
In proposito, la Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: Il contratto di assicurazione della responsabilità civile con la clausola claims made non rientra nella fattispecie astratta tipica prevista dallart. 1917 c.c., ma costituisce un contratto atipico (da ritenersi in linea generale lecito ex art. 1322 c.c.), concludendo che la clausola claims made, pur non corrispondendo alla previsione legislativa ( art. 1917 c.c.) è lecita (così la sentenza della Cassazione Civile n. 5624 del 15 marzo 2005).
Questo Tribunale non condivide la tesi sullatipicità del contratto in esame.
Va premesso che si configura un contratto nuovo, atipico, quando le parti predispongono un regolamento di interessi non riconducibile ai tipi aventi una disciplina particolare.
Tuttavia, va osservato che la disciplina dei contratti tipici è affidata per lo più a norme dispositive, e, quindi, non ogni deroga allo schema astratto previsto dalla legge comporta la creazione di un nuovo negozio.
Pertanto, al fine di verificare la tipicità di un contratto, occorre individuare gli elementi essenziali del tipo legale al quale le parti abbiano inteso ricondurlo e verificare se tali elementi siano presenti nel rapporto instaurato in concreto.
La caratteristica peculiare dei contratti assicurativi è laleatorietà, derivante dallesistenza di un rischio che viene trasferito dallassicurato allassicuratore; infatti, il legislatore sanziona con la nullità il contratto assicurativo privo di rischio al momento della stipulazione (art. 1895 c.c.).
Parte della giurisprudenza più recente ha negato la sussistenza di tale elemento nel contratto assicurativo contenente la clausola claims made, motivando che una clausola di questo tenore è idonea potenzialmente a far venire meno la causa del contratto qualora il terzo danneggiato, per un fatto avvenuto durante lefficacia della garanzia, richieda il risarcimento quando ormai la garanzia non è più operativa per decorso del termine. Subordina inoltre loperatività della garanzia alla scelta discrezionale del terzo danneggiato(così la citata sentenza del Tribunale di Bologna, 02.10.2002 n. 3318).
Questo Tribunale ritiene, invece, che la clausola claims made non comporti né una diversa natura del rischio oggetto del contratto assicurativo, né il venir meno del rischio stesso. In realtà, oggetto della copertura assicurativa rimane il fatto colposo dedotto in polizza.
Tuttavia, tale fatto, generatore del danno, diviene rilevante soltanto nellipotesi in cui la richiesta di risarcimento del danno (in conseguenza di tale fatto) pervenga allassicurato durante il tempo dellassicurazione.
In definitiva, nonostante il rischio dedotto in polizza si riferisca - direttamente - alleventualità che il terzo avanzi una richiesta di risarcimento e - solo indirettamente - al verificarsi del comportamento colposo, loggetto della garanzia assicurativa rimane pur sempre questultimo, ovvero il fatto illecito dedotto in polizza.
Va osservato inoltre che - anche in relazione alla tradizionale tipologia di contratto c.d. loss occurrence - lobbligo dellassicuratore di tenere indenne il professionista di quanto questi debba pagare ad un terzo, in conseguenza di un comportamento professionale illecito, sorge pur sempre in seguito ad una richiesta di risarcimento avanzata dal danneggiato, momento da cui del resto decorre anche il termine di prescrizione del diritto ex art. 2952 c.3 c.c..
Consegue a quanto esposto che il contratto di assicurazione della responsabilità civile contenente claims made è tipico. Questa statuizione, determinata dalla deroga (consentita) allart. 1917 c.c., esclude in radice che possa ravvisarsi la eccepita nullità della clausola e dellintero contratto.
In ogni caso, anche a voler ritenere latipicità del negozio, deve dichiararsi certamente sussistente un interesse lecito e meritevole di tutela ex art. 1322 c.c., in capo ad entrambi i contraenti, alla stipulazione di un contratto contenente la clausola claims made (come del resto riconosciuto anche dalla Corte di Cassazione nella citata sentenza n. 5624/2005).
Infatti, il danneggiato può avvalersi di tale clausola per ottenere una copertura assicurativa in relazione a fatti verificatisi precedentemente rispetto alla stipulazione della polizza (particolarmente utile se lassicurato non fosse coperto da altra polizza per il periodo indicato). Lassicuratore, invece, si avvale di questo nuovo schema contrattuale per gestire in maniera più idonea le riserve e per adeguare lammontare dei premi richiesti ai massimali di polizza.
Occorre ora valutare se la clausola in esame debba essere ritenuta vessatoria e pertanto assoggettabile alla disciplina di cui allart. 1341 c. 2 c.c..
Alcune pronunce giurisprudenziali hanno motivato la necessità della specifica approvazione per iscritto al fine di richiamare lattenzione dellassicurato sul particolare assetto di interessi disciplinato con la clausola claims made.
Ritiene questo Tribunale che questa considerazione sia irrilevante ai fini della valutazione della vessatorietà della clausola claims made. Infatti, la non conoscibilità della clausola potrebbe avere rilevanza quale vizio del consenso ai sensi degli artt. 1427 e ss. c.c. ovvero in tema di responsabilità precontrattuale, ai sensi degli artt. 1337 e 1338 c.c. (di recente, la Cass. n. 24795/2008 ha ravvisato la responsabilità precontrattuale anche laddove le parti abbiano infine concluso un valido contratto).
La Corte di Cassazione ha correttamente affermato che la clausola in esame non è di per sé limitativa della responsabilità ex art. 1341 c.c., e la sua eventuale vessatorietà dipende dallo specifico contenuto che in concreto le parti abbiano inteso attribuirle (apprezzamento rimesso al giudice di merito). Ha inoltre aggiunto che una clausola contrattuale può essere ricompresa tra quelle che stabiliscono limitazioni di responsabilità a favore di colui che lha predisposta a condizione che essa restringa (ad es. sotto il profilo quantitativo, spaziale o temporale) lambito di responsabilità così come fissato, con più ampia estensione, da precetti normativi (Cass. Civ. n. 5624/05); non possono, pertanto, qualificarsi vessatorie quelle clausole che abbiano, per contenuto, una mera determinazione della effettiva estensione delle reciproche prestazioni dedotte in obbligazione (Cass. n. 5390 del 16 giugno 1997).
Alla luce dei citati principi di diritto, ritiene questo Tribunale che la clausola claims made c.d. pura, di per sé non sia vessatoria, perché non limitativa della responsabilità.
Infatti, nel regime ordinario ex art. 1917 c.c. (contratto c.d. loss occurrence), lassicurato copre la propria responsabilità in relazione ai rischi che si verificano durante il periodo di efficacia della polizza, ma può far valere tale copertura assicurativa (relativa al fatto commesso durante il periodo di efficacia della polizza, di solito annuale) fino al termine di prescrizione del diritto del terzo di proporre una richiesta di risarcimento danni (nella specie, poiché trattasi di responsabilità medica, addirittura fino ai 10 anni successivi).
In presenza della clausola claims made c.d. pura, invece, lassicurazione copre le richieste di risarcimento del danno pervenute allassicurato nel periodo (di regola annuale) di efficacia della polizza, ma relativamente a tutti i rischi (dedotti in polizza) verificatisi nel decennio precedente, cioè fino al momento in cui esso assicurato potrà ritualmente eccepire la prescrizione del diritto del danneggiato di chiedere il risarcimento del danno.
Dovè dunque la vessatorietà?
E di tutta evidenza che, di regola, può ravvisarsi unequivalenza tra le due ipotesi in esame (contratto c.d. loss occurrence e con clausola claims made c.d. pura) nella valutazione del rischio assicurato e nel rapporto sinallagmatico tra le parti; talora, potrebbe essere addirittura vantaggioso per lassicurato stipulare la polizza contenente la clausola claims made (si pensi allipotesi in cui lassicurato sia in tutto o in parte privo di copertura assicurativa per i fatti illeciti eventualmente posti in essere in epoca anteriore alla stipulazione della polizza).
Quid iuris, invece, nellipotesi di clausola claims made inserita in un sistema c.d. misto?
Questa ipotesi ricorre laddove la clausola in esame sia utilizzata congiuntamente con una diversa clausola, loss occurrence o act committed, spesso proprio al fine di limitare lestensione della garanzia, che si produrrebbe con lapplicazione della claims made c.d. pura.
In particolare, si verifica spesso lipotesi in cui la clausola escluda dalla copertura assicurativa i rischi (condotte colpose e/o eventi dannosi) verificatisi oltre i due-tre anni (o anche più) precedenti alla stipulazione della polizza, fermo restando che la denuncia del terzo deve pervenire allassicurato durante il periodo di vigenza della stessa.
Certamente in queste ipotesi si determina una limitazione di responsabilità (in relazione ai rischi dedotti e/o al tempo in cui gli stessi si siano verificati) che riduce il lasso di tempo (altrimenti decennale, fino al decorso della prescrizione) entro il quale rimane fermo lobbligo dellassicuratore di tenere indenne lassicurato.
Nel caso di specie, la clausola contiene una limitazione di questo tipo, nella parte in cui dispone che: In relazione ai sinistri originati da fatti colposi posti in essere in periodi antecedenti alla validità della presente polizza, e precisamente dalle ore 00.00 dello 01.01.1998, la presente opererà in differenza di limiti e condizioni rispetto alle garanzie prestate dalle polizze che, qualora esistenti, esplichino la propria efficacia al momento del sinistro stesso.
Consegue che la clausola in esame debba essere qualificata come vessatoria, e richiede, quindi, la specifica approvazione per iscritto ex art. 1341 c.2 c.c..
E incontroverso che la clausola non sia stata specificamente approvata.
LAzienda Ospedaliera, facendo valere la vessatorietà della clausola, ha eccepito la nullità e/o linefficacia dellintera clausola claims made. Conseguentemente ha invocato altra giurisprudenza che, muovendo dal presupposto (innanzi contestato) dellinderogabilità dellart. 1917 c.c., ha ritenuto addirittura che la nullità della clausola in esame comporterebbe la sostituzione di diritto della stessa con il regime ordinario ex artt. 1339 e 1419 cpv. c.c. (v. Tribunale di Milano sentenza n. 5235/09)
Ritiene il Tribunale che queste conclusioni non meritino accoglimento.
Linefficacia prevista dallart. 1341 c.2 deve incidere esclusivamente sulla parte della clausola che comporta una limitazione della responsabilità.
Risulta evidente, infatti, che le parti, con il contratto di assicurazione della responsabilità civile contenente la clausola claims made, intendevano regolare i propri interessi con modalità differenti rispetto al regime ordinario di cui allart. 1917 c.c..
Se si adottasse dunque il regime ordinario, si violerebbe la libera estrinsecazione dellautonomia negoziale delle parti. Appare, quindi, più coerente con la volontà negoziale manifestata dalle parti applicare la disciplina prevista dalla citata clausola claims made c.d. pura.
Inoltre, la nullità dellintera clausola potrebbe addirittura comportare unalterazione del rapporto sinallagmatico: lassicurato potrebbe scegliere se far operare la copertura assicurativa per coprire i rischi verificatisi nei dieci anni precedenti alla stipulazione della polizza, ovvero, facendo valere la nullità dellintera clausola claims made, potrebbe coprire così anche le condotte colpose poste in essere durante il periodo di vigenza del contratto, in relazione a tutte le richieste di risarcimento effettuate fino alla prescrizione del diritto del terzo danneggiato (soprattutto laddove la nullità operi soltanto a vantaggio di una parte - vedi Codice del Consumo, artt. 34 e 36).
In definitiva, ritiene il Tribunale che, nella fattispecie concreta, debba dichiararsi la vessatorietà e la conseguente inefficacia della limitazione di responsabilità contenuta nella seconda parte dellart. 23 della polizza.
Tuttavia, poiché la richiesta di risarcimento allassicurato è stata pacificamente effettuata oltre il periodo di efficacia della polizza, deve rigettarsi la domanda proposta dalla convenuta nei confronti della terza chiamata.
In considerazione della particolare complessità delle questioni affrontate, ricorrono giusti motivi per dichiarare integralmente compensate le spese processuali tra la convenuta e la terza chiamata.
La presente sentenza è dichiarata provvisoriamente esecutiva ex lege.
P.Q.M.
Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando, così provvede:
- dichiara lesclusiva responsabilità della convenuta nella produzione dei danni subiti dallattore per effetto dellintervento chirurgico dell11.03.03;
- condanna la convenuta, al pagamento, in favore dellattore, della somma di Euro 48.368,00, oltre interessi, come specificati in motivazione;
- pone le spese della consulenza tecnica dufficio a carico della convenuta;
- rigetta le altre domande ed istanze proposte dalle parti;
- condanna la convenuta a rifondere allattore le spese processuali, che liquida in Euro 443,00 per spese imponibili, Euro 397,04 per spese esenti, Euro 4.098,00 per diritti, Euro 6.950,00 per onorario di avvocato, Euro 1.381,00 per spese generali, oltre I.V.A. e C.P.A.;
- dichiara integralmente compensate le spese processuali tra la convenuta e la terza chiamata.
- dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva.
Milano, 18.3.2010
Il Giudice istruttore
in funzione di giudice unico
dr. Damiano SPERA
Fonte: altalex
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