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  • Visita fiscale: il lavoratore è assente giustificato se la mamma sta male Cassazione civile , sez. lavoro, sentenza 09.03.2010 n° 5718

    Deroga alla reperibilità per motivi necessari: il lavoratore va a trovare la mamma ammalata? Non perde il diritto all'indennità.

    Vi sono, infatti, esigenze di solidarietà e vicinanza familiare che possono legittimare la non reperibilità fiscale.

    E’ quanto hanno precisato i giudici della Corte di Cassazione nella sentenza 9 marzo 2010, n. 5718 secondo cui il fatto che un lavoratore si assenti alla visita di controllo durante le fasce orarie di reperibilità (per andar a far visita alla madre malata) non integra una ipotesi di giustificato motivo, che, quindi, legittima l’assenza dello stesso.

    Si specifica, inoltre, che l’assenza dalla visita di controllo per non essere sanzionata dalla perdita del conseguente trattamento economico di malattia, può essere giustificata (oltre che dal caso di forza maggiore) anche "da ogni situazione la quale, ancorché non insuperabile e nemmeno tale da determinare, ove non osservata, la lesione di beni primari, abbia reso indifferibile altrove la presenza personale dell'assicurato, secondo un accertamento riservato al giudice del merito".

    La vicenda

    Con la sentenza n. 5718/2010 la Cassazione ha confermato quanto già affermato dalla Corte d’Appello che aveva dato ragione ad un prestatore di lavoro al quale l’INPS aveva rifiutato il riconoscimento della indennità di malattia, “poiché non era stato possibile reperirlo per la visita fiscale, durante la fascia oraria prevista”.

    La giustificazione addotta dal lavoratore (ossia “non essere presente alla visita fiscale in quanto si era recato dalla mamma malata”) non aveva convinto i giudici del Tribunale di Firenze che non avevano, infatti, riconosciuto l'indennità di malattia, sostenendo che “le assenze alle visite fiscali, per essere perdonate, devono essere dovute a problemi indifferibili, mentre non meritano considerazione le assenze fatte in nome di una utilità, anche morale”.

    Il ricorrente aveva basato la propria difesa, infatti, sul fatto che aveva ritardato il rientro a causa del traffico dopo che si era recato (esibendo la necessaria documentazione) a trovare la madre gravemente malata (ricoverata in un centro specialistico) e reduce da un intervento chirurgico.

    I giudici di appello avevano ritenuto legittima tale giustificazione.

    L’INPS ricorre in Cassazione.

    La questione si spostava, quindi, in Cassazione, per cui la decisione dei “precedenti colleghi” era da ritenersi valida ribadendo, altresì, nella sentenza in oggetto come la situazione portata a base dal lavoratore potesse configurarsi come “un’esigenza di solidarietà e vicinanza familiare, senz’altro meritevole di tutela nell’ambito dei rapporti etico sociali garantiti e tutelati dalla Costituzione”.
    Quindi, la legittimità dell’assenza deriva dalla primaria esigenza di solidarietà.

    SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

    SEZIONE LAVORO

    Sentenza 9 marzo 2010, n. 5718

    Svolgimento del processo

    Con sentenza del 6 giugno 2006 la Corte d'appello di Firenze, in riforma della decisione di primo grado, dichiarava il diritto di G.L. a percepire l'indennità di malattia dal primo giorno di assenza - 3 novembre 2001 - fino ai dieci giorni successivi.

    La Corte di merito riteneva che illegittimamente l'INPS aveva trattenuto l'indennità sul presupposto che il G. era risultato assente alla visita di controllo durante le fasce di reperibilità, poichè era rimasto accertato nel corso del giudizio che il lavoratore si era allontanato dal proprio domicilio per recarsi a fare visita alla propria madre, ricoverata in un centro specialistico di riabilitazione a seguito di un delicato intervento di cardiochirurgia; tale circostanza valeva ad integrare un giustificato motivo che rendeva legittima l'assenza del lavoratore alla visita di controllo.

    Di questa sentenza l'Istituto domanda la cassazione deducendo un unico motivo. Il lavoratore resiste con controricorso.

    Motivi della decisione

    Con l'unico motivo di ricorso, deducendo violazione ed errata applicazione del D.L. n. 463 del 1983, art. 5, comma 14, convertito nella L. n. 638 del 1983, il ricorrente Istituto deduce l'erroneità della sentenza impugnata e sostiene, formulando al riguardo apposito quesito di diritto ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., che il giusto motivo idoneo a giustificare l'assenza alla visita medica domiciliare di controllo durante le fasce orarie di reperibilità deve essere connotato dagli estremi della cogenza, e non anche da una apprezzabile utilità, anche morale.

    Il ricorso non è fondato.

    Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il lavoratore assente dal lavoro per malattia, ove deduca un giustificato motivo della non reperibilità alla visita domiciliare di controllo, deve provare che la causa del suo allontanamento dal domicilio durante le previste fasce orarie, pur senza necessariamente integrare una causa di forza maggiore, costituisca, al fine della tutela di altri interessi, una necessità determinata da situazioni comportanti adempimenti non effettuabili in ore diverse da quelle di reperibilità (cfr. Cass. n. 4247 del 2004).

    In particolare, l'assenza alla visita di controllo, per non essere sanzionata dalla perdita del trattamento economico di malattia, può essere giustificata, oltre che dal caso di forza maggiore, da ogni situazione la quale, ancorchè non insuperabile e nemmeno tale da determinare, ove non osservata, la lesione di beni primari, abbia reso indifferibile altrove la presenza personale dell'assicurato, secondo un accertamento riservato al giudice del merito (cfr. Cass. n. 22065 del 2004).

    Nella specie, la situazione addotta dal lavoratore, e accertata dalla sentenza impugnata, configura un'esigenza di solidarietà e di vicinanza familiare (consistita, in particolare, nell'assistenza alla propria madre, ricoverata in un centro specialistico di riabilitazione e priva di altro sostegno morale in quanto divorziata e senza altri familiari), senz'altro meritevole di tutela nell'ambito dei rapporti etico-sociali garantiti dalla Costituzione (art. 29 Cost.).

    Quanto alla oggettiva indifferibilità della presenza del lavoratore, durante l'orario di reperibilità, si tratta di circostanza pacificamente acquisita in base all'accertamento compiuto in giudizio, essendo emerso che il lavoratore si era recato presso il centro di riabilitazione, ove era ricoverata la madre, in coincidenza con l'orario delle visite dei familiari ed era rientrato in ritardo al proprio domicilio a causa di un blocco del traffico stradale; tali circostanze, peraltro, non sono specificamente contestate dall'Istituto ricorrente, che insiste sulla "non cogenza" della presenza del G. presso la struttura sanitaria in ragione della esistenza, presso quest'ultima, di personale infermieristico specializzato, non considerando, però, che la valutazione della indifferibilità va effettuata in relazione all'esigenza di sostegno morale e di vicinanza alla propria madre, addotta dal lavoratore e correttamente rilevata nella sentenza impugnata.

    In conclusione, il ricorso è respinto.

    L'Istituto ricorrente va condannato al pagamento delle spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, da distrarsi in favore del difensore antistatario del resistente.

    P.Q.M.

    La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 13,00, per esborsi e in Euro duemila per onorari, oltre a spese generali, IVA e CPA come per legge, da distrarsi all'avvocato Gabriella Del Rosso.

    Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2010.

    Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2010.
    Fonte: Altalex


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