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MINUS DI TUTELA PER IL CONTRIBUENTE
PREAVVISO DI FERMO NON AUTONOMAMENTE IMPUGNABILE PER ALCUNI GIUDICI
Duplice ingiustiza del provvedimento di preavvisio di fermo amministratvo
Dopo che con un’esemplare sentenza, nel solco del diritto e della logica, la Suprema Corte aveva stabilito che ex art. 100 cpc vi è l’interesse del contribuente a difendersi dal preavviso di fermo amministrativo e da conseguenze pregiudizievoli prima che si verifichino, ora altri giudici si sono pronunciati contro la possibilità per il contribuente di impugnare il preavviso di fermo, dichiarando, che lo stesso, per adire la competente Autorità Giudiziaria, deve attendere il provvedimento di fermo, cioè l’avvenuta iscrizione del fermo nei pubblici registri e, dunque, attendere che il provvedimento realizzi i suoi effetti negativi.
Con tale discutibile ed ingiustificata sentenza, infatti, si sostiene che fino a quel momento il privato-cittadino, nonostante il preavviso e le minacce con termini di giorni 20, può liberamente utilizzare il bene, anche se sotto la minaccia di un fermo.
A dispetto di un orientamento della giurisprudenza di merito, ormai consolidato, che ammette l’accesso alla tutela giudiziaria anche già nella fase del preavviso di fermo amministrativo (con strumenti vari: opposizione all’esecuzione ex art. 615 cpc, ricorso per provvedimento d’urgenza ex art. 700 cpc), la Cassazione ha segnato una battuta di arresto a tale trend interpretativo giurisprudenziale sostenendo, al contrario, la non autonoma impugnabilità del preavviso di fermo.
I Giudici di legittimità (sez. II, sent. n. 8890 del 14 aprile 2009) fondano tale assunto su due argomentazioni: la prima relativa ad una valutazione sull’efficacia dell’atto in esame; la seconda attinente, invece, all’inquadramento dello stesso all’interno della procedura di riscossione coattiva. Infatti, da un lato si osserva che il preavviso non determina alcuna menomazione al patrimonio del destinatario, ma costituisce solo un atto attraverso il quale l’ente concessionario della riscossione comunica preventivamente al contribuente la sottoposizione di un bene a fermo amministrativo, concedendogli altresì un termine entro cui effettuare il pagamento delle cartelle presupposto del fermo; dall’altro, che trattandosi di un atto non previsto dalla sequenza procedimentale dell’esecuzione esattoriale, non può essere autonomamente impugnato ex art. 23 della legge n. 689 del 1981.
Sugli argomenti posti a sostegno della tesi della Cassazione occorre effettuare alcune riflessioni imposte dalla necessità di contrastare il consolidarsi di un orientamento che si pone ingiustificatamente a sfavore del cittadino contribuente, che dovrebbe, a fronte di un preavviso di fermo amministrativo, rimanere inerte ed attendere che lo stesso produca effetti negativi sul proprio patrimonio.
Gran parte della giurisprudenza di merito considerando, invece, il preavviso di fermo come un atto prodromico/preliminare all’espropriazione forzata, ritiene ammissibile il ricorso alla tutela giurisdizionale attraverso lo strumento dell’opposizione all’esecuzione, ex art. 615 comma I cpc. Infatti, la suddetta norma concede al debitore un mezzo di opposizione preventiva all’esecuzione, quando questa non è ancora iniziata, ma è minacciata sulla base di un titolo esecutivo, quando tale titolo non corrisponde alla realtà, in considerazione del fatto che la realtà giuridica continua ad evolversi. Con tale strumento il presunto debitore contesta il “se” dell’esecuzione, vale a dire la validità/esistenza/inefficacia del titolo esecutivo su cui si fonda la pretesa all’espropriazione forzata. Oggetto della domanda, in tal caso, è l’opposizione all’esistenza del diritto della concessionaria alla riscossione coattiva, e, dunque, del diritto della stessa di procedere al fermo amministrativo, quale atto funzionale all’espropriazione forzata .
Pertanto, l’interesse ad agire non può dirsi non esistente, poichè se pur il preavviso di per sé non è produttivo di effetti limitativi nella sfera giuridica del destinatario, attraverso l’opposizione ex art. 615, attivata sulla base di un semplice preavviso di fermo, non si intende impugnare il preavviso, ma si intende contestare il diritto del presunto creditore di procedere ad esecuzione forzata. Infatti, il giudizio istaurato con tale forma è un ordinario giudizio di cognizione e non un giudizio di tipo impugnatorio/caducatorio, del tipo di quello amministrativo. Non è, quindi, necessario che l’atto(preavviso di fermo amministrativo) sia immediatamente e direttamente lesivo della sfera giuridica del destinatario perché sussista l’interesse ad agire, ma trattandosi di un giudizio sul fatto della preannunciata esecuzione e non sull’atto del preavviso, ciò che si contesta è il diritto dell’ente all’attivazione del fermo sui beni del debitore, come conseguenza dell’inesistenza del suo diritto di procedere ad esecuzione forzata. Infatti, presupposto dell’iscrizione del fermo è l’esistenza del credito e l’esistenza del diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata sulla base di un titolo esecutivo valido ed efficace, quindi a tale scopo è irrilevante se il fermo sia stato solo minacciato o iscritto, potrebbe in teoria anche essere attivato senza alcuna minaccia di atti prodromici all’esecuzione, trattasi infatti di un modo per contestare la validità ed efficacia del titolo esecutivo con cui si procederà ad esecuzione forzata attraverso il quale si fa valere un fatto estintivo o modificativo sopravvenuto alla formazione del titolo stesso (Cass. Civ., sez. I, 28 novembre 2003, n. 18207; Cass. Civ., sez. I, 28 giugno 2002, n. 9498; Cass. Civ. sez. un., 10 agosto 2000, n. 562).
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